mercoledì 25 aprile 2018

Entropia e significato

Non è facile dare una definizione di casualità nemmeno per i matematici. Come esempio basti considerare che anche la successione di cifre decimali di pi greco passa tutti i test che misurano la distribuzione casuale delle cifre, per cui potrebbe apparire casuale, ma non lo è poiché esiste ovviamente un algoritmo per calcolarla.
Andrej Nikolaevič Kolmogorov

Secondo la teoria della complessità di Andrej Nikolaevič Kolmogorov si può sostenere che una sequenza è casuale quando non può essere “compressa”, cioè ricondotta in qualche modo a una sequenza più corta. Anche una definizione del genere presenta almeno un problema poiché la complessità di una sequenza non risulta in generale computabile (solo in alcuni casi).

Questo significa in parole povere che, come non si riesce a dimostrare in modo diretto che qualcosa è impossibile, così non possiamo mai sapere con certezza se esiste un modo di “comprimere” una sequenza che riteniamo essere casuale. Nel momento in cui qualcuno scoprisse il modo di comprimerla, tale sequenza cesserebbe di esserlo.

La questione ebbe origine con Claude Elwood Shannon padre della teoria matematica dell’informazione, che pensò di misurar quest'ultima come entropia negativa, ovvero l’opposto della casualità. In breve una sequenza di segni casuale è caratterizzata da un alto livello di entropia, mentre un messaggio contenente informazione presenta un basso livello di entropia.
Claude Elwood Shannon

Per mostrare concretamente questo approccio egli descrisse un semplice esperimento in cui si costruiscono delle sequenze di caratteri scelti in modo casuale dalle 26 lettere dell’alfabeto più lo spazio. le sequenze vengono costruite però con dei gradi crescenti di approssimazione alla lingua inglese.

Nella prima sequenza, di grado zero, ogni carattere ha uguale probabilità. Nella seconda sequenza, di grado uno, si utilizza la frequenza con cui un carattere segue il precedente nella lingua inglese. Nella sequenza di grado tre un carattere rispetta la frequenza con cui segue i due precedenti, mentre in quella di grado quattro dei tre precedenti.

Si può riprodurre l’esperimento aprendo a caso un libro (usato come campionatura casuale) e scorrendo fino a trovare la coppia o la terna dei caratteri precedenti, osservando quindi quello che li segue nel libro e aggiungendolo alla nostra sequenza.

Nella sequenza di grado cinque Shannon per semplificare applica lo stesso metodo alle parole invece che ai caratteri. Il risultato è il seguente.

Ordine zero di approssimazione per caratteri: XFOML RXKHRJFFJUJ ZLPWCFWKCYJ FFJEYVKCQSGHYD QPAAMKBZAACIBZLHJQD

Primo ordine di approssimazione per caratteri: OCR0 HLI RGWR NMIELWIS EU LL NBNESEBYA TH EEI ALHENH’ITPA OOBTTVA NAH BRL

Secondo ordine di approssimazione per caratteri: ON IE ANTSOUTINYS ARE T INCTORE ST BE S DEAMY ACHIN D ILONASIVE TUCOOWE AT TEASONARE FUSO TIZIN ANDY TOBE SEACE CTISBE

Terzo ordine di approssimazione per caratteri: IN NO IST LAT WHEY CRATICT FROURE BIRS GROCID PONDENOME OF DEMONSTURES OF THE REPTAGIN IS REGOACTIONA OF CRE

Primo ordine di approssimazione per parole: REPRESENTING AND SPEEDILY IS AN GOOD APT OR COME CAN DIFFERENT NATURAL HERE HE THE A IN CAME THE TO OF TO EXPERT GRAY COME TO FURNISHES THE LINE MESSAGE HAD BE THESE.

Secondo ordine di approssimazione per parole: THE HEAD AND IN FRONTAL ATTACK ON AN ENGLISH WRITER THAT THE CHARACTER OF THIS POINT IS THEREFORE ANOTHER METHOD FOR THE LETTERS THAT THE TIME OF WHO EVER TOLD THE PROBLEM FOR AN UNEXPECTED

Shannon fa notare come una sequenza di quattro o più parole successive estratte dall’ultimo risultato ottenuto potrebbe tranquillamente far parte di una frase senza alcuna stranezza.
The particular sequence of ten words “attack on an English writer that the character of this” is not at all unreasonable. It appears then that a sufficiently complex stochastic process will give a satisfactory representation of a discrete source.
Poco dopo aggiunge:
It would be interesting if further approximations could be constructed, but the labor involved becomes enormous at the next stage.
Oggi molti avranno notato che la tastiera di uno smartphone ci suggerisce le parole successive basandosi su una misura statistica di questo genere, per cui procedere a dei livelli di approssimazioni successivi sarebbe molto facile, grazie proprio ai progressi che anche queste idee di Shannon ci hanno fatto compiere in ambito tecnologico.

Ho sempre avuto questo dubbio: la misura dell’entropia (del disordine) forse coglie solo l’assenza di regole fonetiche, grammaticali e sintattiche, senza sfiorare l’aspetto più sottile del senso. E ancora: la poesia generata da un algoritmo è poesia?

La crittografia introduce in questo problema un ulteriore elemento di riflessione. Dato un messaggio, è possibile con un algoritmo crittografico trasformarlo in una sequenza di caratteri incomprensibile, e quindi apparentemente non distinguibile da una sequenza quasi casuale.

Certo, potrà essere una distribuzione non equiprobabile dei segni, ma sarà una situazione analoga a quella degli ordini di approssimazione esemplificati precedentemente. Quindi paradossalmente data una sequenza apparentemente casuale di segni, non possiamo escludere a priori che esistano un algoritmo e una chiave di decifratura che la trasformino in un messaggio di senso compiuto.

La conclusione che si può trarre è che un messaggio contenente informazione si differenzia da una sequenza casuale solo se esiste un destinatario in grado di estrarne un senso, cioè di decifrarlo. Messaggi in una lingua o codice che non conosco mi appaiono invece come rumore per mia incapacità. Questa posizione sembra oltretutto in linea con le idee di Bruno De Finetti che (diversamente da Kolmogorov) dava alla probabilità un significato soggettivo invece che oggettivo.

In definitiva con l’entropia dell’informazione sembra che possiamo solo misurare la nostra incapacità di leggere un ordine nelle cose. Ma questo non ci può mai garantire che un ordine, sebbene celato ai nostri occhi, esista.

Questa preziosa incertezza è ciò che rende affascinante il lavoro di interpretazione di qualunque testo: che si tratti del grande libro della natura, cui si accostò Galileo seguito da tutti gli scienziati, o della Bibbia su cui rabbini ed esegeti continuano a ragionare. Ogni interpretazione è ricerca e costruzione di un senso plausibile.

Tuttavia il senso di un testo appartiene ad un altro ordine di questioni. Bisogna rifarsi all’estetica Wabi-Sabi, alla mamma di Proust che passeggiando nel giardino spezzava un rametto per introdurre delle irregolarità intenzionali che lo rendessero “più naturale”.

Incalcolabile (frutto di un mio limite previsionale) o imponderabile (prodotto dalla libertà di Dio o dei viventi)?

domenica 18 marzo 2018

La morte de n'omo

“Ecché ssarrà, la morte de n’omo?”

Questo detto dialettale marchigiano si può tradurre come “E che (mai) sarà (quel che è successo), (grave forse quanto) la morte di un uomo?” Veniva usato dai miei nonni, accompagnato da un tono esclamativo e canzonatorio, per sdrammatizzare qualunque situazione difficile nella vita, in cui ci si trova sbaragliati, senza saper più che pesci prendere.

In fondo, a tutto c’è rimedio - recita un altro adagio famoso - fuorché alla morte. Dove è chiaramente sottinteso che si tratta della nostra morte, e di quella dei nostri cari, o al più dei nostri simili, non certo di quella di altri esseri viventi a noi indifferenti, o la cui morte è magari perfino necessaria per la nostra sopravvivenza, alimentando i nostri banchetti. E allora, in questa prospettiva, sottolineare che la morte è “de n’omo” può sembrare un dettaglio superfluo e impreciso.

Senonché la sottolineatura ci spinge a riflettere maggiormente - come in un midrash - sul senso che le parole evocano nel nostro animo. Perché dicendo “di un uomo” già si esclude la nostra, come anche quella di una persona cara o persino di una persona illustre. E poco a poco si intravede allora come la morte di un uomo qualsiasi passi di fatto inosservata nello scorrere della vita ed è presto cancellata dagli anni, senza lasciare tracce di rilievo nella Storia.

Per cui di cosa ti preoccupi, mio caro - dicevano con quel motto i miei nonni - se ciò che ti turba non vale nemmeno quanto la nostra vita di uomini, che a noi è tanto cara, ma che agli occhi del mondo è poco o nulla?

Senzatetto trovato morto a Milano, in via Vittor Pisani

domenica 14 gennaio 2018

Manicomio

Fu nel parco di un manicomio che incontrai un giovane con il volto pallido e bello, colmo di stupore. E sedetti accanto a lui sulla panca, e dissi: “Perché sei qui?”.
Edito da "SE - Studio Editoriale"
E lui mi rivolse uno sguardo attonito e disse:
“È una domanda poco opportuna, comunque risponderò.
Mio padre voleva fare di me una copia di se stesso, e così mio zio.
Mia madre vedeva in me l’immagine del suo illustre genitore.
Mia sorella mi esibiva il marito marinaio come il perfetto esempio da seguire.
Mio fratello riteneva che dovessi essere identico a lui: un bravissimo atleta.
Ed anche i miei insegnanti, il dottore in filosofia, e il maestro di musica, e il logico, erano ben decisi: ognuno di loro,voleva che io fossi il riflesso del loro volto in uno specchio. Per questo sono venuto qui. Trovo l’ambiente più sano.
Qui almeno posso essere me stesso.”
E di scatto si volse verso me e chiese: “Anche tu sei qui a causa dell’educazione e dei buoni consigli?”
Ed io risposi: “No, sono qui in visita”.
E lui disse: “Ah, ho capito. Vieni dal manicomio dall’altra parte del muro”.

Kahlil Gibran (Il Vagabondo, p. 65)


Di recente continua a tornarmi in mente questa citazione. Descrive perfettamente come mi apparve il mondo quando avevo 13 anni e mi vi affacciavo. Seppure a volte l'ho dimenticato per qualche tempo, sognando, dormendo come un sonnambulo, nella frenesia del vivere...

Perché mi accade a volte anche una sorta di risveglio. Ed è proprio da sveglio, solo così, quando il mondo mi appare a quel modo, che allora so con certezza che Dio esiste, perché lo sento. E non sapendolo spiegare o descrivere, mi ritrovo incompreso, come un matto, e capisco allora Paolo quando dice che la fede è scandalo per i giudei e follia per i gentili.

Quando pensiamo ai matti, e ai loro pensieri, tendiamo a infantilizzarli, per cui le idee di un disadattato ci paiono come la coperta di Linus: consolazioni. Ma la follia non è riducibile a semplice minorità, scarto inutile ai fini del sistema dominante di produzione e consumo.

Jung ci ha insegnato che la follia è una breccia che si apre nel muro quando si ha il coraggio di attraversare fino in fondo la logica e lucida disperazione. E questo squarcio vale allo stesso modo per ogni autentica esperienza spirituale.

Certo, tutto ciò è troppo eversivo per essere spendibile socialmente. Per questo è preferibile una immagine più innocua della spiritualità (come della psicoanalisi), quale cura, medicamento, consolazione.

Allora la breccia nel muro è un guasto cui serve un rimedio, è uno strappo nel cielo di carta, è un’anomalia da riparare o compatire. Soprattutto è da tappare, prima che qualcosa o qualcuno, un Altro, irrompa nel nostro mondo e ci venga a risvegliare, a liberare, a salvare…

venerdì 22 dicembre 2017

Numeri a caso

Esiste un libro, di valore storico per alcuni esperti di crittografia, pubblicato per la prima volta nel 1955. Oggi è reperibile una ristampa e su Amazon si trovano più di 600 commenti esilaranti dei lettori. A sfogliarlo sembra una cosa assurda, o l'invenzione di un racconto di Borges, poiché contiene un milione di numeri casuali: 400 pagine con 50 righe e per ogni riga 50 numeri (ognuno di 5 cifre).


Fonte: Wired
Per quanto possa sembrare strano, non è così facile generare in modo meccanico lunghe sequenze di numeri casuali. Per capire questo paradosso basta considerare il fatto che un computer, come quasi ogni meccanismo costruito dall’uomo, è progettato solitamente per avere un comportamento rigidamente deterministico, secondo una logica, quindi prevedibile.

Un algoritmo deve produrre un risultato ben preciso a partire dallo stato iniziale, quindi in un certo senso si può dire che la casualità non è computabile per definizione. La conseguenza è che i computer anche oggi generano di solito, per semplicità, sequenze di numeri solo pseudo-casuali, cioè contenenti un errore sistematico, detto bias statistico.


Il sito dell'editore contiene una pagina che spiega in modo abbastanza chiaro le ragioni e le difficoltà incontrate a quei tempi nella realizzazione e pubblicazione di questo libro.

Production from the original machine showed statistically significant biases, and the engineers had to make several modifications and refinements of the circuits before production of apparently satisfactory numbers was achieved. The basic table of a million digits was then produced during May and June of 1947. This table was subjected to fairly exhaustive tests and it was found that it still contained small but statistically significant biases.
Il problema è stato risolto anni dopo attingendo all'ambiente segnali e disturbi generati nel mondo fisico, usati come fonte di casualità attendibile. Esistono dei servizi gratuiti per tutta la comunità informatica, basati su questo metodo e offerti via internet. Quello di RANDOM.ORG, inizialmente realizzato presso il Trinity College di Dublino e oggi erogato da una azienda privata, impiega dei ricevitori radio per catturare il rumore atmosferico, che viene quindi usato per generare numeri casuali: in pratica le radio sono sintonizzate sulla posizione tra le stazioni, dove comunemente sentiamo un fruscio. Un servizio analogo è quello di HotBits che si basa invece sul decadimento radioattivo.


Fonte: Random.org
Il libro contiene anche delle istruzioni esposte con il tipico linguaggio formale della scienza, ma curiosamente sembrano evocare quelle di un antico incantesimo.
Use of the Tables
The lines of the digit table are numbered from 00000 to 19999. In any use of the table, one should first find a random starting position. A common procedure for doing this is to open the book to an unselected page of the digit table and blindly choose a five-digit number; this number with the first digit reduced modulo 2 determines the starting line; the two digits to the right of the initially selected five- digit number are reduced modulo 50 to determine the starting column in the starting line. To guard against the tendency of books to open repeatedly at the same page and the natural tendency of a person to choose a number toward the center of the page: every five-digit number used to determine a starting position should be marked and not used a second time for this purpose. [...]
Di fronte a questo libro alcuni pensieri si insinuano furtivi e insidiosi nella mia mente.

Dal giorno in cui è stato pubblicato quel libro, chi lo possiede è in grado di prevedere ogni cifra successiva a una sequenza sufficientemente lunga da esso estratta. Questo semplice fatto non rende, di per sé, le cifre di quel libro non più casuali?

Oppure, considerato che i numeri irrazionali sono infiniti, supponiamo che un matematico scopra l’esistenza di un numero irrazionale le cui prime 5*10^6 cifre decimali siano esattamente quelle del libro. In tal caso quei numeri potrebbero essere ancora considerati casuali?

Supponiamo infine che un giorno un matematico dimostri essere vera la congettura seguente: data una qualsiasi sequenza di numeri ritenuta casuale, esiste almeno un numero irrazionale le cui prime cifre decimali replicano quella sequenza. Questa non sarebbe forse la dimostrazione matematica del fatto che il caso non esiste?



Fonte: Dilbert

mercoledì 1 novembre 2017

Ognissanti

Oggi per me e pochi altri è un giorno di festa, perché ricordiamo tutti quelli che in venti secoli della nostra Storia hanno testimoniato una possibilità e una speranza.

La possibilità di essere migliori, di superare il nostro egoismo e la nostra difficoltà ad amare.

La speranza di salvezza, non per noi ma per tutti.

venerdì 27 ottobre 2017

La Nuova Alleanza

Quella che segue è la trascrizione di una parte [00:36:45 - 00:47:00] della meditazione tenuta da Francesco Rossi de Gasperis S.J. il 1° ottobre 2012 a Milano, presso la chiesa di San Martino in Greco. L'accostamento di queste foto prese da Instagram è una mia scelta redazionale.

[..] Una Gerusalemme dove gli Ebrei siano assenti è una stortura storica, una menzogna. I Bizantini sono arrivati e hanno fatto la Gerusalemme cristiana, va bene. I Musulmani sono arrivati e hanno fatto la Gerusalemme Musulmana. Ma non può esserci l’assenza degli Ebrei a Gerusalemme. I primi che devono esserci a Gerusalemme sono gli Ebrei. Ma questo, vedete, suppone che leggendo la Bibbia noi realizziamo che questo è un compimento della Parola di Dio, perché nella Bibbia voi ritrovate, in tutti i Profeti... trovate questa promessa: “io vi riporterò nella vostra terra, io vi andrò a riprendere dalle nazioni in mezzo a cui siete in esilio e vi riporterò nel vostro paese, Gerusalemme sarà ricostruita”.
brokenmemories78
Quindi vedete che la lettura della Bibbia non è soltanto un esercizio accademico e nemmeno spirituale, ma è una lettura della Storia che stiamo vivendo noi. Però... però dobbiamo intercettare nella Bibbia quello che riguarda il nostro tempo. E il nostro tempo non è più il tempo del Regno di Davide, non è più il tempo della conquista di Giosuè, non è più il tempo dei Giudici, non è più il tempo del Tempio, non c’è più il Tempio di Gerusalemme, non c’è più il Re di Israele. È il tempo dopo l’esilio, il tempo dopo l’esilio babilonese, è il tempo che nella Bibbia si chiama il tempo della Nuova Alleanza. Ebbene, questo vi dicevo vorrei che vi restasse chiaro nella mente: dovremmo capire bene che cosa vuol dire convertirci alla Nuova Alleanza, e questo lo dobbiamo capire sia Ebrei e sia Cristiani, sia Musulmani e sia Bizantini. Il tempo della Nuova Alleanza è un tempo in cui scompaiono tutte le realtà religiose per mettere in primo piano la vita degli uomini.

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Paolo ci compendia questo tempo con quelle parole che certamente conoscete perché le leggiamo molto spesso nella liturgia: “vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. È questo il vostro culto secondo la Parola: l’offerta del corpo. La religione ormai non è più l’offrire qualche cosa, far dire messe, celebrare sacramenti, fare processioni, fare pellegrinaggi, fare feste patronali.

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Questo viene dopo, la prima cosa è offrire quello che siete. Non c’è più da portare animali per i sacrifici, non c’è più da portare i frutti della terra, c’è da portare le nostre persone. Offrire il nostro corpo vuol dire offrire la nostra storia, offrire quello che siamo. Farci guidare in tutto dalla Parola: questo è il culto secondo la Parola. Non è il culto spirituale, non è una buona traduzione dire “questo è il nostro culto spirituale”, [il testo (Rm,12:1)] dice “λογικὴν λατρείαν ὑμῶν”, cioè il nostro culto logico, del Logos, della Parola.
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Ormai il culto a Dio si dà vivendo secondo la Parola, sempre: dalla nascita alla morte. Celebrare l’Eucarestia non vuol dire mettere insieme il pane e il vino. Celebrare l’Eucarestia non vuol dire nemmeno adorare l’ostia consacrata - vi ricordate quello che è successo in Spagna quando nell’adorazione è piovuta una tempesta terribile e tutte le oste si sono bagnate, e il giorno dopo nessuno ha potuto fare la comunione - perché già c’era, l’Eucarestia: c’era la comunione fraterna di due milioni di giovani che pregavano con il Papa. Questo è l’Eucarestia: è dare la vita gli uni per gli altri. Non si tratta di fare cose, devozioni. Si tratta di essere noi e di dire “io sono qui, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. Darci la vita gli uni degli altri, questo è l’Eucarestia.

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Quindi l’offerta del corpo, che consiste nel non conformarci a questo mondo ma lasciarci trasformare, rinnovando il nostro modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio: ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Il culto di Dio significa ricercare la volontà di Dio su di me, adesso, e dire di sì alla volontà di Dio. Questo è la Nuova Alleanza. E di questo hanno bisogno, vedete, sia gli Ebrei che sono tornati nel loro paese, sia noi che siamo qui. E vi inviterei proprio - credo che questo sia l’avvenire della Chiesa anche nell’anno della fede, l’avvenire di questo documento Dei Verbum perché diventi il motore del nostro modo di vivere - capiamo fino in fondo che cosa è la Nuova Alleanza.
jfsavaria
Liberiamoci da tutti i tentativi di ricostruire una istituzione del popolo di Dio del tipo di Davide, del tipo di Salomone, del tipo del Regno del nord e del Regno del Sud, del tipo di Giosuè. L’equivoco di Israele oggi è quello di ricostruire lo Stato basandosi sul passato, facendo quello che era prima. La storia non torna in dietro, non si può ricreare uno stato che ormai è finito. C’è della gente, ci sono i partiti diciamo più religiosi e più fanatici di Israele, che stanno pensando a ricostruire il terzo Tempio, perché il primo è stato distrutto dai Babilonesi, il secondo dai Romani e il terzo Tempio va ricostruito. Questo è un fallimento.

bandorebelz
Se sono finiti i primi due Templi vuol dire che bisogna andare avanti, non indietro, e che il Tempio di Dio veramente è l’esistenza dell’uomo, il corpo umano. Gesù l’ha detto, parlava del suo corpo. Questo è il Tempio. Noi siamo il Tempio di Dio. Noi siamo la Chiesa, non il Duomo di Milano, non la Basilica di San Pietro a Roma. Questo è finito, questi sono segni sorpassati. Il Tempio siamo noi esseri viventi. È inutile spendere miliardi per i nostri templi, per le nostre chiese e non cambiare noi. Dobbiamo cambiare noi il nostro cuore prima di tutto: questo è l’unico Tempio della Nuova Alleanza. E nella Nuova Alleanza, ci dice la lettera agli Ebrei, non ci sono più sacerdoti: c’è un solo Sacerdote, che è Cristo Risorto, questo è l’unico Sacerdote, nella Chiesa. Noi siamo rimasti ancora all’Antica Alleanza, siamo rimasti alla parte più antica dell’Antico Testamento. [...]

sabato 24 giugno 2017

Un hacker di nome Caino

Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden,
perché lo coltivasse e lo custodisse.
Genesi 2;15

Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore;
anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso.
Il Signore gradì Abele e la sua offerta,
ma non gradì Caino e la sua offerta.

Genesi 4;2-5

Le domande più importanti che riguardano la nostra vita faticano a trovare risposte adeguate. Succede allora di cercare lumi rivolgendosi alla scienza, che da qualche secolo sembra aver conquistato una maggiore fiducia da parte dell’uomo, soprattutto grazie ai progressi delle sue applicazioni tecnologiche, davvero meravigliose.

Ma le risposte della scienza generano sempre altre domande, perché ad ogni problema che essa risolve ne segue uno nuovo, spesso più complesso del precedente. Ciò è dovuto in parte alla natura stessa della scienza, al suo modo di procedere per ipotesi e tentativi, ma ancor di più alla sua direzione che ha origini assai lontane.

La scienza non è la soluzione perché la scienza è parte del problema, un problema che viene da lontano. Si tratta del modo di guardare la realtà, il modo di porsi e di affrontarla, che ha le sue radici in una mutazione antropologica antichissima, quella che ha dato origine alle prime grandi civiltà.

Il principio fu l’invenzione dell’agricoltura intensiva grazie alla lavorazione della terra. Non si trattava più di raccogliere i frutti spontanei della natura, come avviene per la pastorizia e la caccia. Per la prima volta l’uomo iniziò a produrre cambiamenti non solo realizzando qualche utile manufatto, ma cambiando profondamente il modo di funzionare della natura di cui egli è parte, modificando massivamente l’ambiente. Fu l’inizio di una manomissione. Oggi si parlerebbe di hacking.

Perché l’hacker, nel senso originale del termine, è colui che affina la propria abilità fino a riuscire a superare delle barriere, innanzitutto per il piacere di risolvere un problema e poter dire “eureka!”, con lo spirito e l’immaginazione di un bambino che smonta un giocattolo per capire come funziona, e poi lo trasforma in qualcosa di nuovo a suo piacimento.

Fu un cambiamento di direzione e di prospettiva, un nuovo modo di stare al mondo. Ciò produsse la necessità del lavoro da cui scaturirono una enorme efficienza produttiva e l’accumulo di ricchezza che resero possibili l’organizzazione, la scrittura e la civiltà. I benefici ottenuti erano decisamente affascinanti.

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La recente rivoluzione industriale segnò poi un’importante accelerazione grazie alla produzione di manufatti per mezzo di altri manufatti (le macchine), alimentati da fonti di energia inanimate (i combustibili fossili). Ma a ben guardare si tratta ancora di un cambiamento simile all’agricoltura, applicato non più solo alla produzione di cibo da parte delle piante, bensì alla produzione di manufatti da parte degli uomini.

Il coinvolgimento delle masse, che in passato avveniva solo in modo parziale, come per la costruzione di grandi opere faraoniche, con il moderno capitalismo diventa totale e pervasivo diffondendo il reclutamento al lavoro su tutto il pianeta. Il lavoratore alienato nella fabbrica o alla scrivania sta all’artigiano e al pastore come la pianta coltivata nell’agricoltura intensiva sta alla pianta che cresce spontanea. E lo stesso vale ovviamente per gli animali cresciuti nelle moderne forme mostruose di allevamento

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Il più recente passo in questa direzione è la rivoluzione digitale che stiamo vivendo oggi. Dopo gli alimenti e i manufatti, stiamo passando al controllo massivo della produzione di informazioni e sapere, con i social network, i big data e l’intelligenza artificiale.

Il prossimo passo forse già lo si intravede nell’ingegneria genetica e nel transumanesimo. Potremmo arrivare a manipolare la produzione dell’uomo stesso, nelle sue parti come nella sua interezza. Solo a quel punto il progetto di hacking del creato sarà completo.

Siamo come spettatori, prigionieri di un incantesimo, con occhi di fanciullo spalancati ad ammirare le meraviglie che il progresso ci propone, sempre più incalzante. Ci siamo dimenticati che quella direzione, presa tanti secoli prima di oggi, era solo una strada possibile, forse non l’unica. Ci siamo dimenticati che lavorare la terra non è l’unico modo possibile di coltivare e custodire il pianeta.

Allora voglio sognare che un giorno, se non io almeno i miei nipoti, si risveglieranno dall’incantesimo per dare un senso nuovo alla direzione intrapresa per tutti questi secoli. Anziché aspettarsi nuove risposte dalla scienza, decideranno di approfittare finalmente dei suoi magnifici risultati. Cesseranno tutti semplicemente di lavorare, così da poter finalmente iniziare, per i secoli successivi, a manomettere un po' di meno e contemplare un po' di più.

L’umanità entrerebbe allora come in una lunga e perpetua festa di shabbat.