venerdì 26 aprile 2024

Contare e raccontare

Non avevo mai dato alcuna importanza all’assonanza tra i termini contare e raccontare. Smisi di considerarla casuale solamente quando,  studiando la lingua ebraica scopersi che sefer (racconto) è il maschile di sifra (cifra, numero, lettera).

Tutti sanno che gli storici attribuiscono alle necessità contabili l’apparire della scrittura, e conseguentemente della Storia, nelle fiorenti civiltà sumera ed egizia. Nell’etimo traspaiono un legame conflittuale e una divergenza millenaria, immortalate come in un reperto fossile.

Ancora oggi non possiamo fare a meno di notare come in una società governata dai numeri della scienza e dell’economia, l’anima e le scelte degli esseri umani siano continuamente contese dagli storyteller e dagli influencer, che sui media e sui social raccontando il passato vicino e lontano, cambiano il modo di vivere il presente e controllano il futuro.

Questo legame arcaico e dimenticato è rispecchiato anche nei due modi di indicare il tempo nella lingua greca. Chronos indica lo scorrere quantitativo, il tempo misurabile della scienza e degli orologi. Kairos indica invece una natura qualitativa, come per la durata di Bergson, ma ben descritto anche da Ernst Bloch nella conferenza sul progresso tenuta nella DDR il 27 ottobre 1955.

Non può essere un caso che nella lingua italiana il termine raccontare abbia il prefisso ra- come ad indicare un valore intensivo o iterativo rispetto al verbo contare. Infatti il racconto riavvolge il filo del chronos, il tempo semplicemente “contato” dagli orologi, per rielaborarlo e sostanziarlo qualitativamente con un valore che fa sintesi del passato e del futuro, della memoria e della speranza.

 

Meridiana del XIII secolo a.C. rinvenuta nella valle dei Re