domenica 14 gennaio 2018

Manicomio

Fu nel parco di un manicomio che incontrai un giovane con il volto pallido e bello, colmo di stupore. E sedetti accanto a lui sulla panca, e dissi: “Perché sei qui?”.
Edito da "SE - Studio Editoriale"
E lui mi rivolse uno sguardo attonito e disse:
“È una domanda poco opportuna, comunque risponderò.
Mio padre voleva fare di me una copia di se stesso, e così mio zio.
Mia madre vedeva in me l’immagine del suo illustre genitore.
Mia sorella mi esibiva il marito marinaio come il perfetto esempio da seguire.
Mio fratello riteneva che dovessi essere identico a lui: un bravissimo atleta.
Ed anche i miei insegnanti, il dottore in filosofia, e il maestro di musica, e il logico, erano ben decisi: ognuno di loro,voleva che io fossi il riflesso del loro volto in uno specchio. Per questo sono venuto qui. Trovo l’ambiente più sano.
Qui almeno posso essere me stesso.”
E di scatto si volse verso me e chiese: “Anche tu sei qui a causa dell’educazione e dei buoni consigli?”
Ed io risposi: “No, sono qui in visita”.
E lui disse: “Ah, ho capito. Vieni dal manicomio dall’altra parte del muro”.

Kahlil Gibran (Il Vagabondo, p. 65)


Di recente continua a tornarmi in mente questa citazione. Descrive perfettamente come mi apparve il mondo quando avevo 13 anni e mi vi affacciavo. Seppure a volte l'ho dimenticato per qualche tempo, sognando, dormendo come un sonnambulo, nella frenesia del vivere...

Perché mi accade a volte anche una sorta di risveglio. Ed è proprio da sveglio, solo così, quando il mondo mi appare a quel modo, che allora so con certezza che Dio esiste, perché lo sento. E non sapendolo spiegare o descrivere, mi ritrovo incompreso, come un matto, e capisco allora Paolo quando dice che la fede è scandalo per i giudei e follia per i gentili.

Quando pensiamo ai matti, e ai loro pensieri, tendiamo a infantilizzarli, per cui le idee di un disadattato ci paiono come la coperta di Linus: consolazioni. Ma la follia non è riducibile a semplice minorità, scarto inutile ai fini del sistema dominante di produzione e consumo.

Jung ci ha insegnato che la follia è una breccia che si apre nel muro quando si ha il coraggio di attraversare fino in fondo la logica e lucida disperazione. E questo squarcio vale allo stesso modo per ogni autentica esperienza spirituale.

Certo, tutto ciò è troppo eversivo per essere spendibile socialmente. Per questo è preferibile una immagine più innocua della spiritualità (come della psicoanalisi), quale cura, medicamento, consolazione.

Allora la breccia nel muro è un guasto cui serve un rimedio, è uno strappo nel cielo di carta, è un’anomalia da riparare o compatire. Soprattutto è da tappare, prima che qualcosa o qualcuno, un Altro, irrompa nel nostro mondo e ci venga a risvegliare, a liberare, a salvare…

Nessun commento:

Posta un commento