domenica 18 marzo 2018

La morte de n'omo

“Ecché ssarrà, la morte de n’omo?”

Questo detto dialettale marchigiano si può tradurre come “E che (mai) sarà (quel che è successo), (grave forse quanto) la morte di un uomo?” Veniva usato dai miei nonni, accompagnato da un tono esclamativo e canzonatorio, per sdrammatizzare qualunque situazione difficile nella vita, in cui ci si trova sbaragliati, senza saper più che pesci prendere.

In fondo, a tutto c’è rimedio - recita un altro adagio famoso - fuorché alla morte. Dove è chiaramente sottinteso che si tratta della nostra morte, e di quella dei nostri cari, o al più dei nostri simili, non certo di quella di altri esseri viventi a noi indifferenti, o la cui morte è magari perfino necessaria per la nostra sopravvivenza, alimentando i nostri banchetti. E allora, in questa prospettiva, sottolineare che la morte è “de n’omo” può sembrare un dettaglio superfluo e impreciso.

Senonché la sottolineatura ci spinge a riflettere maggiormente - come in un midrash - sul senso che le parole evocano nel nostro animo. Perché dicendo “di un uomo” già si esclude la nostra, come anche quella di una persona cara o persino di una persona illustre. E poco a poco si intravede allora come la morte di un uomo qualsiasi passi di fatto inosservata nello scorrere della vita ed è presto cancellata dagli anni, senza lasciare tracce di rilievo nella Storia.

Per cui di cosa ti preoccupi, mio caro - dicevano con quel motto i miei nonni - se ciò che ti turba non vale nemmeno quanto la nostra vita di uomini, che a noi è tanto cara, ma che agli occhi del mondo è poco o nulla?

Senzatetto trovato morto a Milano, in via Vittor Pisani

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