giovedì 31 agosto 2023

Dormida

 La gente aveva fatto cerchio per vederlo ballare, come succede in quei tanghi che parlano di Laura, di María la basca, di donne così, come in quel famoso tango della bionda Mireya: «se formaba la rueda pa’ verla bailar».

 Allora l’inglese dice, vanitosamente — perché i cortes spettavano a lui, mentre la donna doveva indovinare l’intenzione e seguirlo nel movimento, ma senza che si notasse troppo —, dice: «Vayan abriendo cancha, señores, que la llevo dormida»

-- Jorges Luis Borges

Tra le forme stilistiche che mi fanno amare la scrittura di questo grande poeta, devo sicuramente annoverare anche il gusto per l’aneddotica. Il brano precedente, tratto dalle quattro conferenze da lui tenute nel 1965 e pubblicate postume (Il tango, Adelphi 2016), riassume in un brevissimo aneddoto l’essenza del tango amato da Borges, tutto eroico e per nulla patetico, espressione di pura sfacciataggine, felicità e coraggio.


Tommaso Scarano, curatore del volume, traduce in una nota per il lettore l’ultima frase: «Fate largo, signori, che me la porto via senza che neanche se ne accorga». E la sua traduzione è certamente la più opportuna, poiché molti lettori sono conoscitori e amanti di Borges, ma forse solo pochi praticano il tango, e in particolare quello detto milonguero, che si balla in un abbraccio stretto. 


Per quei pochi la traduzione migliore sarebbe questa: «Fate largo, signori, che me la porto via addormentata». Essi infatti sanno molto bene che se un uomo balla bene, la ballerina spesso chiude davvero gli occhi e si abbandona completamente in ascolto, sognante, proprio come se fosse addormentata.


Oggi nelle milonghe si vede spesso ballare un tango spettacolare fatto soprattutto per essere ammirati da chi lo guarda dal di fuori, dagli spettatori. Ma la spettacolarità dei passi rende assai difficile, se non impossibile, l’abbaraccio stretto del tango milonguero, con tutta quella relazione magica che ne consegue, per la coppia danzante.


All’uomo che balla milonguero interessa infatti più ciò che prova la ballerina, che quello che gli altri possono vedere da fuori. Se si osservano (e basta cercare un po’ su youtube) i vecchi maestri milongueri, si può notare con sorpresa che si muovono poco, fanno passi piccoli e semplici, mentre la ballerina disegna e adorna attorno a loro. Semplicemente non ballano tanto con i propri piedi, ma soprattutto con quelli di lei. E ciò che è meno spettacolare non è tuttavia meno difficile.


Se torniamo ora all’aneddoto di Borges, tenendo ben presente quanto detto, si può apprezzare forse ancor meglio la sottile sfacciataggine racchiusa nella frase che pronuncia il compadrito. E può anche sorprendere che l'essenza dello stile milonguero sia già presente, anche in quell’epoca così lontana, proprio alle origini del tango.


Questa curiosità potrebbe essere illuminata anche da un altro dettaglio sottile, nascosto tra le righe di questo aneddoto. Borges ci racconta qui, è vero, di un mondo maschile che ostenta coraggio, eroismo e violenza, che combatte felice come se andasse a una festa, che non ha nulla di quel registro patetico, languido e sentimentale, che si trova invece nelle parole cantate nei tanghi famosi degli anni seguenti. 


Però ci fa scoprire anche, con una delle sue magistrali pennellate, che quell’uomo così eroico e sfacciato era al contempo capace di un abbraccio dolce e sensuale, che incantava la sua compagna e la faceva sognare. Era cioè quel tipo d’uomo antico, i cui sentimenti più profondi e romantici non vengono ostentati a parole, ma offerti solo con pudore e discrezione, nella stretta intimità di un abbraccio.


 

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