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La Preghiera del Signore
Come le seguenti citazioni dalla Versione Riveduta mostrano, la preghiera in Luca è più breve che in Matteo, dalla quale essa differisce anche in talune espressioni. Probabilmente entrambe erano in circolazione tra i primi cristiani; quella di Matteo, comunque, è di origine posteriore, come è mostrato oltre:
Matteo
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nomeVenga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano [In Greco: assegnato o necessario]
Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori;
E non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno
[Aggiunta in molti manoscritti: A te sia il regno, la potenza e la gloria, per sempre. Amen.]
Luca
Padre, sia santificato il tuo nome;Venga il tuo regno;
Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano [assegnato];
E perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore;
E non ci esporre alla tentazione
La preghiera è una meravigliosa combinazione o selezione di formule di preghiera in circolazione negli ambienti Assideani [n.d.t.: partito politico ebraico che si oppose sia all'Ellenismo che alla rivolta dei Maccabei]; e non c’è nulla in essa che esprima il credo cristiano, cioè che il Messia sia arrivato nella persona di Gesù. Al contrario, la parte iniziale e principale è una preghiera per la venuta del regno di Dio, esattamente come è il Kaddish [n.d.t.: una delle più antiche peghiere ebraiche], con cui essa deve essere confrontata per poter essere profondamente compresa.
Forma Originale e Significato
Il problema per i seguaci di Gesù era trovare una forma adeguata per questa particolare richiesta, non potendo essi, come i discepoli di Giovanni e il resto degli Esseni, pregare "Venga presto il Tuo Regno" stante il fatto che per loro il Messia era apparso nella persona di Gesù. La forma riportata come quella che è stata raccomandata da Gesù è piuttosto vaga e indefinita: "Venga il Tuo Regno"; e gli esegeti del Nuovo Testamento la spiegano come riferita alla seconda venuta del Messia, il tempo della perfezione del regno di Dio (cfr. Luca xxii. 18). Nel corso del tempo l’interpretazione della frase “Sia fatta la Tua volontà” è stata estesa nel senso della sottomissione di tutto alla volontà di Dio, al modo della preghiera di R. Eliezer (1° sec.): "Do Thy will in heaven above and give rest of spirit to those that fear Thee on earth, and do what is good in Thine eyes. Blessed be Thou who hearest prayer!" [n.d.t.: Sia fatta la Tua volontà nell’alto dei cieli e sia data la pace dello spirito a coloro che Ti temono sulla terra, e sia fatto ciò che è buono ai Tuoi occhi. Sia benedetto Tu che esaudisci la preghiera!] (Tosef., Ber. iii. 7).
Relazione con l’Attesa Messianica
Essendo il pentimento un altro prerequisito della redenzione (Pirḳe R. El. xliii.; Targ. Yer. and Midr. Leḳah Ṭob to Deut. xxx. 2; Philo, "De Execrationibus," §§ 8-9), una preghiera per il perdono dei peccati è altresì richiesta a questo proposito. Ma questo punto veniva posto in particolare rilievo dai saggi Ebrei di un tempo. "Forgive thy neighbor the hurt that he hath done unto thee, so shall thy sins also be forgiven when thou prayest," [n.d.t.: Perdona al prossimo l’offesa che ti ha fatto, così che anche i tuoi peccati siano perdonati quando pregherai] dice Ben Sira (Ecclus. [Sirach] xxviii. 2). "A chi è perdonato il peccato? A colui che perdona l’offesa" (Derek Ereẓ Zuṭa viii. 3; R. H. 17a; vedu anche Jew. Encyc. iv. 590, s.v.Didascalia). Concordemente Gesù disse: "Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro, che è nei cieli, vi perdoni le vostre colpe" (Marco xi. 25, R. V.). Era questo precetto che suggeriva la formula "E rimetti a noi i nostri peccati ["ḥobot" = "debiti"; l’equivalente di "'awonot" = "peccati"] come anche noi li rimettiamo a coloro che hanno peccato ["ḥayyabim" = "quelli che sono indebitati"] verso di noi."
Direttamente connessa a ciò è anche la preghiera "E non condurci in tentazione." Questo si trova anche nella preghiera Ebraica del mattino (Ber. 60b; cfr. Rab: "Un uomo non deve mai metersi nella tentazione come fece Davide, dicendo 'Esaminami, o Signore, e mettimi alla prova' [Sal. xxvi. 2], e cadde in errore" [Sanh. 107a]). E poiché il peccato è l’opera di Satana (James i. 15), così recita la preghiera finale "Ma liberaci dal maligno [Satana]." Questo, con alcune varianti, è il tema di molte preghiere Assideane (Ber. 10b-17a, 60b), "il maligno" essendo ammorbidito nel "yeẓer ha-ra'" = "desiderio maligno," e "cativa compagnia" o "cattiva sorte"; così parimenti "il maligno" nel Padre Nostro è stato in seguito riferito alle cose cattive (vedi i commenti a questo passo).
La dossologia aggiunta in Matteo, di seguito in molti manoscritti, è una porzione di I Cronache xxix. 11, ed era il canto liturgico con cui il Padre Nostro si concludeva in Chiesa; si trova anche nel rito Ebraico, l’intero verso essendo cantato all’apertura della “Ark of the Law” [n.d.t.: arco solitamente presente nelle Sinagoghe, in cui sono custoditi i rotoli della Torah].
Ad una analisi approfondita diventa evidente che i versi di chiusura, Matteo vi. 14-15, si riferiscono unicamente alla preghiera per il perdono. Ne consegue che il passo originale era identico a quello di Marco xi. 25; e la Preghiera del Signore nella sua interezza è una inserzione posteriore in Matteo. E’ possibile che il tutto provenisse dalla "Didache" (viii. 2), che nella sua forma originale Ebraica avrebbe potuto contenere la preghiera esattamente come “i discepoli di Giovanni” erano soliti recitarla.
Bibliografia:
- F. H. Chase, The Lord's Prayer in the Early Church, in Texts and Studies, 3d ed., Cambridge, 1891;
- Charles Taylor, Sayings of the Jewish Fathers, 1897, pp. 124-130;
- A. Harnack, Die Ursprüngliche Gestalt des Vaterunser, in Sitzungsberichte der Königlichen Academie der Wissenschaften, Berlin, 1904.
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