tag:blogger.com,1999:blog-60892133843194535262024-03-14T03:04:44.470+01:00 Zerzura un viaggio, una ricerca, una avventura Unknownnoreply@blogger.comBlogger43125tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-75795057399546186702024-02-18T01:02:00.001+01:002024-02-22T01:13:44.852+01:00Biopolitica e clero<div style="text-align: right;">Questo mistero è grande <br /></div><div style="text-align: right;">lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!</div><div style="text-align: right;">Ef 5,32 <br /></div><div style="text-align: left;"><br /></div>Paolo prende la relazione tra moglie e marito come modello cui deve ispirarsi la Chiesa-Comunità nella sua relazione con Cristo. Dopo qualche secolo il clero ha deciso invece che la relazione tra moglie e marito deve essere "normata" dalla Chiesa-Istituzione. <br /><br />Dire che il matrimonio “è stato elevato da Cristo alla dignità di sacramento" (Codice di Diritto Canonico 1055 - §1) è anacronistico e falso. La parola sacramento non compare mai nel nuovo testamento in riferimento al matrimonio. Sarebbe meglio dire che Gesù ha riconosciuto nell'amore coniugale la grazia e il soffio dello Spirito, il mistero grande di cui poi parla Paolo.<br /><br />Il termine latino sacramentum nella vulgata traduce sì il greco μυστήριον (mistèrion) della LXX, ma nel significato di mistero non in quello (del diritto romano antico) di pegno o giuramento. Infatti in Ef 5,32 la CEI traduce con mistero.<br /><br />Il quotidiano Avvenire in data 14 febbraio 2024 riporta un articolo dal titolo: “Pastorale. «Siamo andati a convivere e ora preghiamo di più»”. Sottotitolo: “L'Ufficio Cei di pastorale familiare ha avviato una ricognizione delle proposte attive nelle diocesi per le coppie di conviventi e per le giovani coppie. L'analisi del teologo Francesco Pesce”.<br /><br />Trovo imbarazzante che ci si preoccupi ancora di "regolamentare" la convivenza dei fidanzati, entrando nell'intimità e complessità delle relazioni di coppia con un approccio normativo, come al solito mascherato da intenti pastorali.<br /><br />Scrivere "la varietà delle situazioni impedisce le chiusure troppo nette, ma anche la tolleranza generalizzata" implica che il clero si arroga il diritto di "chiudere" (l'accesso alla comunione) o "tollerare" (un verbo del biopotere), in base a ciò che fanno nell’intimità due persone che si amano.<br /><br />Poi lo stesso clero si domanda stupito come mai le chiese sono vuote. Fino a che ragionerà con le categorie del diritto e della biopolitica invece che con quelle del Regno dei Cieli, continueremo ad allontanare anche quei pochi che si avvicinano per grazia dello Spirito.<br /><p dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: Arial,sans-serif; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap; white-space: pre;"> </span></p><p dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: Arial,sans-serif; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap; white-space: pre;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgL62yi0TsE5GUSm1DJh3Xp1e0cIPTrwonqo7VN1Wd7BOGaiEeYY6e0SDo5cl8I3wylFelo7TAKvdTmTF2g0oXNhILRMoINr-bhz2THFzsy6benBgFXNB_LN549FKSa5UodOM7auUERxaDNNwCX41txvBehbPMk6wkABC364Yx1vbLL9zU_YxgIJ5_drQg/s900/ruth-and-booz-louis-hersent.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="732" data-original-width="900" height="325" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgL62yi0TsE5GUSm1DJh3Xp1e0cIPTrwonqo7VN1Wd7BOGaiEeYY6e0SDo5cl8I3wylFelo7TAKvdTmTF2g0oXNhILRMoINr-bhz2THFzsy6benBgFXNB_LN549FKSa5UodOM7auUERxaDNNwCX41txvBehbPMk6wkABC364Yx1vbLL9zU_YxgIJ5_drQg/w400-h325/ruth-and-booz-louis-hersent.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">“Ruth e Booz” di Louis Hersent, Commissionato da Luigi XVIII nel 1819</td></tr></tbody></table><br /> </span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-31780107949296538082023-10-07T11:33:00.004+02:002023-10-07T11:34:47.975+02:00Venga il tuo Regno<p>Come ci si deve confrontare con il potere?<br /></p><p>Bisogna assumerlo? Rovesciarlo? Tentare di riformarlo?<br /><br />Samuele dice a Israele: perché volete un Re se avete già Adonai? </p><p>Gesù dice ai suoi di non usare le armi, come gli zeloti, contro i soldati dell'impero, e poi davanti a Pilato: "Il mio Regno non è di questo mondo". </p><p>Paolo di Tarso ci dice di stare "nel mondo" sapendo di non essere "del mondo".<br /><br />Bisogna riuscire a mettersi "in gioco", contro il potere che opprime i deboli, senza stare "al gioco" del potere.<br /><br />È ciò che Francesco d'Assisi ha tentato di fare con la rinuncia ad ogni proprietà. La sua <i>altissima povertà</i> collocava lui e i suoi fratelli al di là della legge, dove c'è solo gratuità e amore.<br /><br />Qualsiasi progetto di presa del potere è destinato al fallimento. Chi prende il potere ne viene catturato, come chi cerca di possedere l'anello di Sauron.<br /><br />Per questo Gesù ci insegna a pregare dicendo non "instauriamo il tuo Regno" bensì "venga il tuo Regno".<br /><br />Pregare incessantemente è l'unica arma per sconfiggere il potere.</p><p> </p><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbuVdo1FGV7dm7bpRyxUMj6Lgx5msexKnMKQYEt7QF14dmFNvMAGENfSdZHZv8cePgP_0jf0SYCplscLiQmsZ6Su-SZxWkiQqQPW00voYei2oE6Puu4yS0QIdY24msZKmKIJvZq-fXW28pECVG-3KyZzonnNfp5oEa0Nw6z91eveoWKhECOErGEnwG9C0/s1024/One_Ring_Blender_Render.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1024" height="188" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbuVdo1FGV7dm7bpRyxUMj6Lgx5msexKnMKQYEt7QF14dmFNvMAGENfSdZHZv8cePgP_0jf0SYCplscLiQmsZ6Su-SZxWkiQqQPW00voYei2oE6Puu4yS0QIdY24msZKmKIJvZq-fXW28pECVG-3KyZzonnNfp5oEa0Nw6z91eveoWKhECOErGEnwG9C0/w200-h188/One_Ring_Blender_Render.png" width="200" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Unico_Anello" rel="nofollow" target="_blank">L'Anello di Sauron</a></td></tr></tbody></table><br /><p><br /><br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-42228580641697690182023-09-24T17:17:00.001+02:002023-09-26T17:24:33.761+02:00È così<p>Un’amica mi ha raccontato del suo viaggio in India. Le condizioni di vita in quel paese sono per noi impensabili e raccontarle non potrà mai rendere che in minima parte ciò che prova chi le vede con i propri occhi, le sente con il proprio naso, le tocca con le proprie mani. Una cosa però mi ha detto che mi ha colpito molto, perché appartiene all’interiorità più profonda. Quando in diverse occasioni chiedeva alle persone del posto, come mai succedeva quello che succedeva, la risposta era spesso la medesima, apodittica e lapidaria: “è così”.</p><p>Questo aneddoto, senza un apparente collegamento, mi ha fatto venire in mente il seguente brano di Borges: “Il carro tardivo sta lì, distanziato perpetuamente, ma quello stesso ritardo diventa la sua vittoria, come se l’aliena velocità fosse spaurita premura di schiavo, e il proprio indugio, possesso completo del tempo, quasi di eternità. Quel possesso del tempo è l’infinito capitale criollo, l’Unico. Possiamo esaltare l’indugio ad immobilità: possesso dello spazio”.</p><p>Allora mi sono ricordato di un giorno in cui ero a Roma con un collega e stavamo aspettando, davanti al Palazzo della Farnesina, un tale che doveva introdurci per un incontro di lavoro, ma era in ritardo. Aspettammo sotto il sole più di un’ora. Sono cresciuto a Roma fino all'età di tredici anni, e il mio collega è napoletano e ha vissuto a Roma per qualche decennio, perciò la cosa non ci stupì minimamente, né ci innervosì. Nel mentre però riflettei sul diverso modo di concepire il tempo a Roma rispetto a Milano e lo attribuii istintivamente al rapporto con il passato. Chi vive a Milano spesso ha lasciato dietro di sé, se non l'hanno fatto i genitori o i nonni, una terra natia con la sua storia. E chi non ha storia vive proiettato nel futuro, come accade negli USA. Mentre in una città in cui ogni pietra trasuda di storia millenaria, tutto è già successo, più volte, e può solo ripetersi. Per cui il futuro non ha nulla di nuovo con cui sorprenderci, e non viene alcuna voglia di corrergli incontro.</p><p>Ad un tratto tutto mi è divenuto chiaro. Ecco, quel modo di pensare il tempo che Borges ha mirabilmente descritto e che a Roma si respira in ogni piazza, credo sia lo stesso fatalismo atavico che fa dire agli indiani “è così”.</p><p>È come se un’intera città, o un’intera civiltà, sappia di aver vissuto già migliaia di vite, nelle quali tutto si è consumato, tutte le possibilità di gioia e di dolore, tutte le vittorie e le sconfitte, tutti gli archetipi del cuore umano sono stati rappresentati sul palcoscenico della vita, più e più volte. Alla fine, come nel racconto “l’immortale” di Borges, la sazietà si trasforma in atarassia, in olimpico distacco, per cui qualsiasi evento, qualsiasi condizione, appare eterna in quanto una delle tante figure che si alternano nell’eterno ritorno della giostra dell’universo.</p><p>Questa idea del tempo e dell’eternità, così laica in Borges, così anticristiana in Nietzsche, così esotica nell’India, così disincantata a Roma, mi sembra ineludibile quando cerco di capire cosa sia il tempo messianico, l’annuncio evangelico del Regno dei cieli e della vita eterna. Forse Agamben ne “Il tempo che resta” riesce a svelarlo, cimentandosi con la lettera ai Romani di Paolo di Tarso, arrivando ad affermare che “il tempo messianico si costituisce in figura stessa del tempo presente, di ogni presente”.</p><p>Mi ritrovo così a pensare, di tanto in tanto, che l’India sia di fatto un anticipo del futuro del resto del nostro pianeta: quando miliardi di persone saranno finalmente stanche di produrre e consumare compulsivamente, di inseguire fantasmi, ossessionate dal possesso, dal godimento e dalla soddisfazione dei bisogni. Sogno allora che prima alcuni, poi molti, poi tutti, rallentino, come quel tardivo carro criollo descritto da Borges, si prendano tempo come si fa nelle vie di Roma, fino a che alcuni si fermino del tutto, in contemplazione del sole o della luna, in ascolto del lento scorrere del tempo. </p><p>Tutta l’umanità la smetterà a quel punto di progettare, ossessionata dal domani, inizierà a lasciarsi vivere come gli uccelli del cielo e come i gigli dei campi, gioendo di ogni piacere e di ogni dono quotidiano, ma accettando anche la povertà, la malattia e sorella morte senza più temerle, senza più cercare invano di sfuggirvi. Dicendo semplicemente: “è così”.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyA0RcgqqK31e5eVOelxoDCrKOg1givrjyi76Lv7SL7P-Rf8bqqTru5A2VqdCpLPxC_U_osRdTLyI5KoUyPaEpAY32_cUaLnnycy8mjelbiFcKdDdsn4eNCv6H5vWgcU3OS1UWr-I2HMqEZ1G-JwJgcMmXkHNKhPRQ5J1A6yyO_S3fKCAbvi4xtW9LaQ4/s684/francesco.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="684" height="351" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyA0RcgqqK31e5eVOelxoDCrKOg1givrjyi76Lv7SL7P-Rf8bqqTru5A2VqdCpLPxC_U_osRdTLyI5KoUyPaEpAY32_cUaLnnycy8mjelbiFcKdDdsn4eNCv6H5vWgcU3OS1UWr-I2HMqEZ1G-JwJgcMmXkHNKhPRQ5J1A6yyO_S3fKCAbvi4xtW9LaQ4/w400-h351/francesco.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span id="docs-internal-guid-4b3f83ee-7fff-adbc-7ba1-ad388d4e7f09"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_(film)" rel="nofollow" target="_blank"><span style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 11pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline; white-space-collapse: preserve;">Mickey Rourke nel film </span><span style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline; white-space-collapse: preserve;">Francesco</span><span style="font-family: Arial, sans-serif; font-size: 11pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; vertical-align: baseline; white-space-collapse: preserve;"> (1989) di Liliana Cavani</span></a></span></td></tr></tbody></table><br /><p><br /></p><div><br /></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-83270207226251161822023-08-31T00:50:00.009+02:002023-09-02T23:15:34.282+02:00Dormida<blockquote style="border: medium none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><blockquote style="border: medium none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><p style="text-align: left;"> La gente aveva fatto cerchio per vederlo ballare, come succede in quei tanghi che parlano di Laura, di María la basca, di donne così, come in quel famoso tango della bionda Mireya: <i>«se formaba la rueda pa’ verla bailar»</i>.</p></blockquote><blockquote style="border: medium none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px; text-align: left;"><p style="text-align: left;"> Allora l’inglese dice, vanitosamente — perché i cortes spettavano a lui, mentre la donna doveva indovinare l’intenzione e seguirlo nel movimento, ma senza che si notasse troppo —, dice: <i>«Vayan abriendo cancha, señores, que la llevo dormida»</i>. </p></blockquote></blockquote><p style="text-align: right;">-- Jorges Luis Borges</p><p>Tra le forme stilistiche che mi fanno amare la scrittura di questo grande poeta, devo sicuramente annoverare anche il gusto per l’aneddotica. Il brano precedente, tratto dalle quattro conferenze da lui tenute nel 1965 e pubblicate postume (<i>Il tango</i>, Adelphi 2016), riassume in un brevissimo aneddoto l’essenza del tango amato da Borges, tutto eroico e per nulla patetico, espressione di pura sfacciataggine, felicità e coraggio.</p><p><br /></p><p>Tommaso Scarano, curatore del volume, traduce in una nota per il lettore l’ultima frase: <i>«Fate largo, signori, che me la porto via senza che neanche se ne accorga»</i>. E la sua traduzione è certamente la più opportuna, poiché molti lettori sono conoscitori e amanti di Borges, ma forse solo pochi praticano il tango, e in particolare quello detto <i>milonguero</i>, che si balla in un abbraccio stretto. </p><p><br /></p><p>Per quei pochi la traduzione migliore sarebbe questa: <i>«Fate largo, signori, che me la porto via addormentata»</i>. Essi infatti sanno molto bene che se un uomo balla bene, la ballerina spesso chiude davvero gli occhi e si abbandona completamente in ascolto, sognante, proprio come se fosse addormentata.</p><p><br /></p><p>Oggi nelle milonghe si vede spesso ballare un tango spettacolare fatto soprattutto per essere ammirati da chi lo guarda dal di fuori, dagli spettatori. Ma la spettacolarità dei passi rende assai difficile, se non impossibile, l’abbaraccio stretto del tango <i>milonguero</i>, con tutta quella relazione magica che ne consegue, per la coppia danzante.</p><p><br /></p><p>All’uomo che balla <i>milonguero </i>interessa infatti più ciò che prova la ballerina, che quello che gli altri possono vedere da fuori. Se si osservano (e basta cercare un po’ su youtube) i vecchi maestri <i>milongueri</i>, si può notare con sorpresa che si muovono poco, fanno passi piccoli e semplici, mentre la ballerina disegna e adorna attorno a loro. Semplicemente non ballano tanto con i propri piedi, ma soprattutto con quelli di lei. E ciò che è meno spettacolare non è tuttavia meno difficile.</p><p><br /></p><p>Se torniamo ora all’aneddoto di Borges, tenendo ben presente quanto detto, si può apprezzare forse ancor meglio la sottile sfacciataggine racchiusa nella frase che pronuncia il <i>compadrito</i>. E può anche sorprendere che l'essenza dello stile <i>milonguero </i>sia già presente, anche in quell’epoca così lontana, proprio alle origini del tango.</p><p><br /></p><p>Questa curiosità potrebbe essere illuminata anche da un altro dettaglio sottile, nascosto tra le righe di questo aneddoto. Borges ci racconta qui, è vero, di un mondo maschile che ostenta coraggio, eroismo e violenza, che combatte felice come se andasse a una festa, che non ha nulla di quel registro patetico, languido e sentimentale, che si trova invece nelle parole cantate nei tanghi famosi degli anni seguenti. </p><p><br /></p><p>Però ci fa scoprire anche, con una delle sue magistrali pennellate, che quell’uomo così eroico e sfacciato era al contempo capace di un abbraccio dolce e sensuale, che incantava la sua compagna e la faceva sognare. Era cioè quel tipo d’uomo antico, i cui sentimenti più profondi e romantici non vengono ostentati a parole, ma offerti solo con pudore e discrezione, nella stretta intimità di un abbraccio.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNeRXy6ff_DP_RzX8L26Vcvz-LWRcpQlhjyVNbNn225D4i8dZ_yAWyd-DOe1u2P6UHnP3gbeDG5Xcyc2S-nTTLkUMRzibY9jemA2O_cY7Cv5dRAxiioISJhvw7asK3lkJK7dy1aX2PR3tFb2Dt9GvfSK1IGoHFV8rNqK7Y4t98ngSF253xVEyNkV5OkE0/s741/dormida.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="424" data-original-width="741" height="229" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNeRXy6ff_DP_RzX8L26Vcvz-LWRcpQlhjyVNbNn225D4i8dZ_yAWyd-DOe1u2P6UHnP3gbeDG5Xcyc2S-nTTLkUMRzibY9jemA2O_cY7Cv5dRAxiioISJhvw7asK3lkJK7dy1aX2PR3tFb2Dt9GvfSK1IGoHFV8rNqK7Y4t98ngSF253xVEyNkV5OkE0/w400-h229/dormida.png" width="400" /></a></div><br /> <p></p><div><span id="docs-internal-guid-71687d6b-7fff-d0fa-efc7-405d4691576e"><span face="Arial, sans-serif" style="font-size: 11pt; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; vertical-align: baseline; white-space-collapse: preserve;"></span></span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-14996607648654582182023-08-24T11:00:00.000+02:002023-08-24T11:00:10.642+02:00Vite immaginarie<p style="text-align: right;"><i>Tutti noi viviamo una vita plurima,<br />e questo ci è indispensabile<br />per continuare a vivere:<br />viviamo la nostra umile vita,<br />ma ne viviamo anche un’altra,<br />immaginaria.</i><br />Jorge Luis Borges, 1965 <br /></p><p><br />Borges si riferisce qui al compadrito, che <i>“si vedeva un po’ come un gaucho”</i>. Qualcuno potrebbe pensare che tale vita immaginaria sia una forma di compensazione della propria misera condizione. Invece credo che il poeta qui ci faccia notare di sfuggita qualcosa che appartiene a tutti, ma proprio tutti: anche a Giulio Cesare mentre scrive il De Bello Gallico; anche a Gesù di Nazareth mentre annuncia il Regno dei Cieli.<br /><br />Un altro errore potrebbe essere quello di considerare la vita immaginaria come inautentica. Credo sia un errore per il semplice fatto che non esiste una vita non immaginaria. E se anche volessimo teorizzarne l'esistenza, non potremmo immaginarla, né descriverla e parlarne, senza che, facendo ciò, anch'essa diventasse una vita immaginaria.<br /><br />Viviamo sempre in una narrazione che plasma e dà un senso alla nostra vita, una narrazione fatta di parole, prodotto della nostra immaginazione. La libertà si gioca tutta in questa possibilità di immaginare la nostra vita, di costruire un senso componendo in un mosaico le tessere degli eventi che ci accadono.</p><p><br /> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7tMgHg_wtkTZoDNyQZjIjP8rcrdId57ru1mdVz_Beqb35I-0Zf0RJC312RUOKAIWuRE6GmhTD7kMVckoE9JxQchB7wKDgZiE0iFJRTVaAZSLoiAZcyvNmZYHpEN8vSD2RH_3hM00ZxhoBnI8x6I1zgWheVHYfGIe8OenjMV7bjvvgGSaBFEgFeU5qQY4/s600/cavallo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="495" data-original-width="600" height="264" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7tMgHg_wtkTZoDNyQZjIjP8rcrdId57ru1mdVz_Beqb35I-0Zf0RJC312RUOKAIWuRE6GmhTD7kMVckoE9JxQchB7wKDgZiE0iFJRTVaAZSLoiAZcyvNmZYHpEN8vSD2RH_3hM00ZxhoBnI8x6I1zgWheVHYfGIe8OenjMV7bjvvgGSaBFEgFeU5qQY4/s320/cavallo.jpg" width="320" /></a></div><br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-61197095880556579592023-08-12T01:30:00.001+02:002023-08-12T01:31:03.402+02:00Libertà e tradizione<p style="text-align: right;">Non pensate che io sia venuto<br />per abolire la legge o i profeti;<br />io sono venuto non per abolire<br />ma per portare a compimento.<br />Matteo 5,17<br /></p><p><br /><br />La tensione tra libertà e tradizione non è riconducibile alla sterile polemica tra antichi e moderni. La libertà è un movimento iscritto nel solco della tradizione, ne è la linfa vitale che continuamente la attualizza. <br /><br />Così la tradizione è tradizione di una libertà originaria che viene tramandata dalle generazioni per poter restare viva, per rinascere ogni volta venendo reinterpretata, per continuare a esistere.<br /><br />Chi non comprende ciò, difende la tradizione come un idolo, un dogma o un simulacro, soffocando la libertà. In buona compagnia di chi, per le stesse ragioni la disprezza. <br /><br />In entrambi i casi sotto la maschera si intravede lo stesso identico odio per la libertà, la paura di essere liberi, il bisogno irrefrenabile dello spirito gregario che vuole essere altro da sé perché non sa accettarsi e amarsi, che vuole fuggire da sé e dimenticarsi di sé.<br /><br /></p><p style="text-align: right;">Castel di Tusa, 22 agosto 2020</p><p style="text-align: right;"><br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img alt="Cristo davanti a Caifa, Giotto 1305" height="391" src="https://lh4.googleusercontent.com/bsecbvm5EmutKh9T9IBDj5RKx6fYhR1SLoZ3Mna2aXgY_2g4btdnEIc7VKqKw41SYhx_j0mRk8i91jHwUg4LdhFB24rcjsxZG8kYfg5i41RezYUahJBDYi6WkpY24QchIuM5rReEC0RXqego4yXvyTE=w400-h391" style="margin-left: auto; margin-right: auto; margin-top: 0px;" title="Cristo davanti a Caifa, Giotto 1305" width="400" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cristo davanti a Caifa, Giotto 1305</td></tr></tbody></table><br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-56193805344644492822023-07-16T08:21:00.006+02:002023-07-16T08:25:09.943+02:00Pietre<p style="text-align: right;"> «Vedi queste grandi costruzioni? <br />Non rimarrà qui pietra su pietra, <br />che non sia distrutta» <br />Mc13;2</p><p>Ci sono momenti e luoghi in cui il Vangelo risuona particolarmente attuale, come se parlasse a noi, qui ed ora.</p><p>Ci troviamo ai margini di un impero che drena risorse verso il suo centro, che cerca di omologare il mondo imponendo uno stile di vita pagano, orientato a godere solo dei piaceri della vita, senza prospettive ultraterrene. </p><p>La nostra chiesa cristiana si trova costretta a vivere all'interno di una cultura che svilisce così ogni suo simbolo, ogni suo valore, ogni suo riferimento celeste, una cultura di fatto profanatrice. </p><p>Al punto che, a titolo di esempio, non si fa alcuno scrupolo nel trasformare i nostri luoghi di culto in eleganti <a href="https://www.yahoo.com/news/8-gorgeous-restaurants-former-churches-130000447.html" rel="nofollow" target="_blank">ristoranti</a> dove la cucina prende il posto dell'altare.</p><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9OjhY7i99yPuCsKCurC6HAHgeNLl84MXwEQ8289vraIMQRg1-XvxN7fia4z3HOj_bRuq8USeMigwcVBof8BMH_sMWLw_F6BDEjwEAnarn6ux2gncF7DDrn36N7xdrwy4mH6aDzTdshYJU5xCRIXH6GLM0a7IDB3S41iyc0K6YJ7OL4ZqVQNcQmpbI3BM/s920/TheJane-Antwerp-Belgium-03.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="920" height="261" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9OjhY7i99yPuCsKCurC6HAHgeNLl84MXwEQ8289vraIMQRg1-XvxN7fia4z3HOj_bRuq8USeMigwcVBof8BMH_sMWLw_F6BDEjwEAnarn6ux2gncF7DDrn36N7xdrwy4mH6aDzTdshYJU5xCRIXH6GLM0a7IDB3S41iyc0K6YJ7OL4ZqVQNcQmpbI3BM/w400-h261/TheJane-Antwerp-Belgium-03.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.theworlds50best.com/discovery/filestore/jpg/TheJane-Antwerp-Belgium-03.jpg" rel="nofollow" target="_blank">The Jane</a>, Antwerp, Belgium</td></tr></tbody></table>Il Vangelo era a quel tempo follia per gli ateniesi e lo è di nuovo oggi per le élite di Washington come di Bruxelles.<p></p><p>Ma a noi il Vangelo deve suonare attuale e profetico, come lo erano per Gesù i testi di Isaia.</p><p>Se del Tempio non rimarrà pietra su pietra, come potremo continuare a praticare il nostro culto e professare la nostra fede?</p><p>Gesù dice che dopo tre giorni il suo tempio verrà ricostruito, che la sua chiesa è fatta di pietre vive, quali siamo noi, e dice a Simone che da quel momento lui si chiamerà Pietro perché la sua chiesa si fonda sulla pietra che lui incarna.</p><p>Il Vangelo ci dice oggi che se vogliamo trovare un modo di sopravvivere come chiesa, in questa epoca, dobbiamo rifondarci a partire dalle persone, nelle nostre comunità, che vivono il Vangelo nella quotidianità.</p><p>Quelle pietre vive che lo annunciano con il loro esempio, facendo gli operatori pastorali, spendendo una parte significativa del proprio tempo in una forma di vita che può dirsi autenticamente missionaria.</p><p>Coloro cioè che offrono il proprio corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, come vero culto spirituale (Rm 12;1).</p><p>Le nostre chiese dovranno imparare a riconoscere queste persone, non solo al loro interno, per valorizzarle e trovare tramite esse una via di speranza e di salvezza. </p><p>Di quelle chiese che non sapranno farlo, non rimarrà pietra su pietra. <br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWazCGcadHUrN4TPPLUL1Tx5e6FMPsfOZI-jDBLOl0ciH0SLo5mLPlk-evgxSs3vFYr0RJ3EBVr0hgqBK0-2Gp-nsheWVlI1f5-Wcy3J8DIfiPwEfLhc2Dr5tVF90mw8_452W89B7aaq_08ufK6KDO0p8pWMmNxKNMk65pUNCJIp4kezn5MLl0vx96wsM/s2048/merlin_153596271_c6770b39-30a3-4a00-826b-cdc75b38097e-superJumbo.webp" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1364" data-original-width="2048" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhWazCGcadHUrN4TPPLUL1Tx5e6FMPsfOZI-jDBLOl0ciH0SLo5mLPlk-evgxSs3vFYr0RJ3EBVr0hgqBK0-2Gp-nsheWVlI1f5-Wcy3J8DIfiPwEfLhc2Dr5tVF90mw8_452W89B7aaq_08ufK6KDO0p8pWMmNxKNMk65pUNCJIp4kezn5MLl0vx96wsM/w400-h266/merlin_153596271_c6770b39-30a3-4a00-826b-cdc75b38097e-superJumbo.webp" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.nytimes.com/2019/04/16/world/europe/photos-of-notre-dame-fire.html" rel="nofollow" target="_blank">Notre Dame</a>, 2019</td></tr></tbody></table><br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-83452625454631382092023-05-08T07:18:00.003+02:002023-08-12T01:26:14.669+02:00Milonga "Cafè Dominguez"Al numero 14 di via Rovigo, una viuzza parallela al naviglio, si trova la Bocciofila Martesana. La strada in quel punto fa una curva a gomito con un anonimo cancello sul lato esterno. La domenica dopo le sei di sera si vedono entrarvi persone che han visto molte primavere, con passo tranquillo e misurato, come di chi va a messa.<br /><br />Il campo di boccie coperto si trasforma la domenica sera in una pista da ballo, circondata di tavoli per chi cena e di sedie per chi viene solo per il tango. Fin quasi a mezzanotte si possono ammirare coppie danzanti avvolte da melodie di un tempo perduto.<br /><br />Molte donne indossano vestiti della foggia più diversa, che mai oserebbero esporre in altre occasioni che questa: superbamente eleganti, oppure osé per gli spacchi laterali che lasciano spuntare splendide gambe. Alcune sono più discrete nell'abito, ma non nelle scarpe.<br /><br />Tutte volteggiano con grazia voluttuosa e quando il ballerino si ferma per una breve pausa di sospensione musicale, le gambe disegnano adorni sulla pista come pennelli su una tela. Nessuna coppia fa gli stessi passi. Ognuno ha uno stile diverso quanto il vestito indossato.<br /><br />All'inizio di ogni tanda gli uomini invitano a ballare le donne mischiandosi spesso e volentieri con chi non si conosce, per il piacere di scoprire la novità di un diverso incedere, la dolcezza di un abbraccio, la poesia di un corpo che si dona per il tempo di qualche canzone.<br /><br />Si respira una libertà sconfinata, l'essere gioioso di una forma-di-vita che si va perdendo, che è già irrimediabilmente perduta, e che proprio per questo sfugge insolente ad ogni dispositivo di potere.<br /><br /><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: Arial; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre;"> </span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: Arial; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span id="docs-internal-guid-bb4a64a5-7fff-878c-3b2a-309b96a9ada0" style="background-color: transparent; color: black; font-family: Arial,sans-serif; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap; white-space: pre;"><span style="border: none; display: inline-block; height: 339px; overflow: hidden; width: 602px;"><img height="180" src="https://lh6.googleusercontent.com/x7otvn8h2PTp4gL8z2orsEvLvGFRkGF2UeqjdTmd-gmxAtfWMsUlLB9gIVsqhMtERZErECjMyZzNbHC70aq23SE2RgbWxIjYG16SAKnodaSrZKYyIH7l-jO-JKORxQITu2HqtySO5rxk-lPBQtZpxvo=w320-h180" style="margin-left: 0px; margin-top: 0px;" width="320" /></span></span> </span></div><p dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;"></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-31233198881567423672023-04-24T11:56:00.003+02:002023-05-08T11:39:39.690+02:00Radici in cielo<p style="text-align: right;"> “La vera cultura è mettere radici e sradicarsi. Mettere radici nel più profondo della terra natia. Nella sua eredità spirituale. Ma è anche sradicarsi e cioè aprirsi alla pioggia e al sole, ai fecondi rapporti delle civiltà straniere…”.<br /><br />-- Leopold Sedar Senghor, il vate della negritudine<br /><br />“In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non sarà caduta a terra”<br /><br />-- Gesù di Nazareth, il figlio dell’uomo<br /></p><p><br />Oggi viviamo in un mondo in cui la retorica diffusa dalle élite dominanti predica un individualismo cosmopolita, che in realtà ha una natura apolide. Infatti, i soggetti sono più deboli e facilmente dominabili quando sono isolati dalla comunità e dall'appartenenza a un contesto. Diventa più facile estrarre valore in ogni istante della loro vita, sia durante il lavoro, sia nel loro tempo libero.<br /><br />Per questo motivo è importante radicarsi in una comunità per potersi difendere da un potere espropriante e alienante. Ma in un mondo sempre più liquido, digitale e deterritorializzato, il legame con la terra è ancora un’opzione disponibile su cui fondare tali comunità? Oppure lo sradicamento è una condizione ormai ineludibile? <br /><br />Secondo Heidegger gli ebrei erano un popolo “metafisico” in quanto sradicato, ma non so cosa questa espressione voglia dire precisamente. Secondo alcuni interpreti egli sognò di veder rinascere in Germania il pensiero pre-metafisico dell’antica Grecia. Forse era vittima della stessa fascinazione per i pre-socratici che aveva colpito Nietzsche. Però l’aggettivo “metafisico” potrebbe essere qui inteso semplicemente come “distaccato dalla terra”: sradicato, appunto.<br /><br />Che sia un’idea di Heidegger o meno, poco importa: questa interpretazione dello sradicamento "metafisico" degli ebrei non riesce a convincermi. In primo luogo perché credo che il popolo più metafisico sia stato quello della Grecia classica, che la metafisica l’ha inventata. E poi penso ai filosofi che nel medioevo l’hanno riscoperta e hanno dato inizio a quel movimento del pensiero che, proprio a causa della metafisica, è sfociato nella modernità e ancora oggi sconvolge i nostri tempi.<br /><br />L’equivoco che confonde metafisica e sradicamento nasce forse dal fatto che il pensiero moderno, come quello metafisico dei greci antichi, dà a molti un certo disagio, mettendo tutto in discussione, fa come mancare la terra sotto i piedi, dà un senso di instabilità, una sorta di mal di mare. E quindi fa sentire il bisogno di stare ben radicati a terra. Soprattutto se non si è bravi marinai come lo erano i greci. Applicando un approccio ermeneutico “fisiologico”, come usava fare spesso Nietzsche, la filosofia tedesca, a partire da Kant fino a Heidegger, si potrebbe rileggere come un tentativo malriuscito di curarsi dal mal di mare che affligge il pensiero della civiltà occidentale.<br /><br />La contrapposizione di Terra e Mare di cui parla Schmitt può essere ancor meglio riletta come un riaffiorare della contrapposizione tra Parmenide ed Eraclito. Per cui vediamo ripresentarsi nei filosofi e negli statisti della modernità l’ansia di stabilire qualcosa di definitivo. I tentativi di realizzare un regno idealmente perfetto su questa terra, come erano stati fatti nell’antichità, si pensi solo a Platone, si riaffacciano così anche nella Storia più recente. Il sistema del filosofo e l’organizzazione del politico inseguono così come un miraggio quel sogno di stabilità e perfezione che possa salvare il pensiero e la polis dal non essere, dal naufragio e dall’oblio.<br /><br />Trovo assai curioso ad esempio che l’impero marittimo degli Stati Uniti raffiguri sé stesso come “la città sulla collina”, usando l’espressione coniata dal nobile inglese puritano John Winthrop e citata dai presidenti Kennedy e Reagan. Winthrop, salpato nella primavera del 1630 a bordo della nave Arbella, scrisse durante il lungo viaggio un sermone dal titolo “Un modello di carità cristiana”. Con quel sermone volle indicare i tratti distintivi della comunità puritana da fondarsi a ovest dell’Oceano Atlantico.<br /><br />Mi immagino Winthrop mentre combatte il mal di mare rileggendo il sermone della montagna “Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta…” (Matteo 5:14). E il giorno dopo, passata la burrasca, lo vedo intento a scrivere <a href="https://history.hanover.edu/texts/winthmod.html" target="_blank">“For wee must consider that wee shall be as a citty upon a hill. The eies of all people are uppon us”</a>. Non è forse il puritanesimo un sintomo anch’esso di quell’ansia di stabilità che massimamente affligge ancora noi post-moderni, in preda ai flutti di un mondo che si muove sempre più vorticosamente fino a darci la nausea?<br /><br />La metafisica è dunque di certo una causa dello sradicamento, ma non l'unica. Cioè non si può dire che chi è sradicato sia perciò necessariamente un metafisico. C’è infatti un grande insegnamento nella tradizione ebraica e nelle parole di Gesù, che si riassume nell’escatologia dove il regno dei cieli e la terra promessa non sono nella Storia ma alla fine di essa, al suo compimento. Tale prospettiva potrebbe aver contribuito a sviluppare una forma di sradicamento che ha poco o nulla a che vedere con la metafisica.<br /><br />Va allora riconosciuto all’ebraismo di aver mostrato, con la rinuncia alla ricostruzione del tempio (almeno fino ad ora), la possibilità di essere fedeli ad una promessa senza l'ansia di vederla attuata, senza cioè tradirla con il vano tentativo di compierla nel presente, di anticiparla forzatamente, come invece i metafisici antichi, moderni e post-moderni hanno a lungo cercato di fare. E questa possibilità si è articolata per secoli nella diaspora di una pluralità di comunità che pur differenziandosi in vario modo, restano unite, tra loro e al loro interno, nella fedeltà a quella promessa, come da un rizoma le cui radici sono in cielo anziché in terra.<br /><br />La metafisica proietta la stabilità perduta nell'iperuranio dell'essere, per preservarla dal non-essere, struggendosi poi nel tentativo inattuabile di riportarla in terra e fermare il divenire. L'escatologia per contro fa irrompere l'Eterno nella Storia, stipulando con esso un'Alleanza, dalla quale nascono una promessa e una speranza rivolte al futuro, capaci di indirizzare il divenire. Chi cerca di rimettere radici lotta con gli altri per possedere la terra. Chi aspetta il Messia lotta con sé stesso e si prende cura degli altri, per entrare tutti insieme nel regno dei cieli.<br /></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimf1UHZMO_mAlw_qzCX1dbL0o_I4zS-RPF10F74RHYxAEjW598GJii1w1I2_6nKji5t2msoF07_tOXUinbBwea08cIW16UkvUWvqHE7rX8pzHcVOCQLz_Hd_RhFvlc8QqGJqm2Vyd2q_3OpBx3TrI2Q4pK7VT3hM3PP_ETC-JHufYCQigAzxrtpZ0q/s972/Delacroix,%20Cristo%20sul%20lago%20di%20Genesaret.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="794" data-original-width="972" height="326" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimf1UHZMO_mAlw_qzCX1dbL0o_I4zS-RPF10F74RHYxAEjW598GJii1w1I2_6nKji5t2msoF07_tOXUinbBwea08cIW16UkvUWvqHE7rX8pzHcVOCQLz_Hd_RhFvlc8QqGJqm2Vyd2q_3OpBx3TrI2Q4pK7VT3hM3PP_ETC-JHufYCQigAzxrtpZ0q/w400-h326/Delacroix,%20Cristo%20sul%20lago%20di%20Genesaret.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.deartibus.it/drupal/content/cristo-sul-lago-di-genesaret-1853-circa-0" target="_blank">Eugène Delacroix “Cristo sul Lago di Gennesaret, c. 1853</a></td></tr></tbody></table><p style="text-align: center;"><br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-86726507036823567812023-04-09T20:06:00.002+02:002023-05-08T11:45:57.948+02:00Taiten<p style="text-align: right;"> “Io sono sempre più scandalizzato <br />dall’assenza di senso del sacro <br />nei miei contemporanei”<br />Pier Paolo Pasolini<br /></p><p>Chi è interessato al dialogo ecumenico della Chiesa Cattolica con il Buddhismo, potrebbe un giorno interrogarsi sul senso di un’esperienza che è presente in Italia ormai da più di trent'anni. Si tratta del monastero Zen di Fudenji, una testimonianza straordinaria per la trasmissione del senso del sacro alle generazioni future. <br /><br />Il monastero di Fudenji è un’opera di alto valore simbolico, che ci invita a guardare forme per noi occidentali esotiche, ma di cui possiamo riconoscere le profondità liturgiche, artistiche e spirituali. Questa esperienza rieduca il nostro sguardo a vedere con occhi nuovi anche le nostre forme antiche della liturgia e dell’arte, dense di senso e di simboli, ma divenute per la maggioranza di noi scontate e quindi come invisibili. Uno sguardo nuovamente capace di provare meraviglia di fronte ai simboli della trascendenza, commosso da un’esperienza estetica, risvegliato al senso del sacro, è indispensabile per recuperare qualcosa in larga misura smarrito nella nostra fede cristiana.<br /><br />Può essere utile allora a tale scopo rileggere la profezia di Joseph Ratzinger che il maestro Fausto “Taiten” Guareschi, allora Abate di Fudenji, lesse nella chiesa di San Martino in Greco a Milano, la sera del 23 marzo 2018, in prossimità della Pasqua.<br /><br />“Ripartirà da piccoli gruppi, - dice Joseph Ratzinger [nel 1969] - da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino. [...] Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto. A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte.” <br /><br />E dopo questa citazione, il maestro Taiten disse: “Bene, sono parole che mi danno una solitudine profonda anche perché sapete, a tutti gli effetti io sono cristiano cattolico, e non trovo niente di discordante nell’aver cercato, forse in un piccolo gruppo, una piccola comunità, come sembra indicare Joseph Ratzinger, il reinizio della chiesa. Al di là che io possa essere buddhista o meno, ciò che importa è la ripartenza.”<br /><br />Allora chi si occuperà del dialogo ecumenico con il Buddhismo, un giorno potrebbe forse scoprire un volto sorprendentemente cristiano nel cuore di un uomo che ha saputo farsi “straniero”, a partire da una grande lontananza, per poter essere profeta in patria.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUqNFJVX-m3S2Lu3ExyzA6iAAYSPPFYFX_JXGkpzIEJUuEKBahBRjr1LEhw3-0bEmJG4HbHrhO03bm6IJETrXR-5zldfb0csIluvdmz6GiTOdmaDsRkeLdgyBVTbUub7q7xFBh1hMewU16uWUIzs-UlkI_Rj2hZMYBJ_cXgVV8eycR6lRrOx4KIhe1/s604/Taiten.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="368" data-original-width="604" height="244" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUqNFJVX-m3S2Lu3ExyzA6iAAYSPPFYFX_JXGkpzIEJUuEKBahBRjr1LEhw3-0bEmJG4HbHrhO03bm6IJETrXR-5zldfb0csIluvdmz6GiTOdmaDsRkeLdgyBVTbUub7q7xFBh1hMewU16uWUIzs-UlkI_Rj2hZMYBJ_cXgVV8eycR6lRrOx4KIhe1/w400-h244/Taiten.png" width="400" /></a></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-16257737762082854232019-04-21T12:00:00.004+02:002023-04-08T18:20:47.708+02:00Una storia senza eroe<p>Ho sentito Rav Della Rocca spiegare che in Sinagoga il giorno in cui si arriva a leggere l’ultima pagina della Torah, si ricomincia dall’inizio, in modo da proseguire in una lettura infinita.<br /><br />In effetti non c’è un personaggio che si possa considerare il vero protagonista della Bibbia, un eroe. Sono tutti mai del tutto santi, mai davvero eroi. <br /><br />Abramo, Giacobbe, Mosè, Davide, Isaia, tutti appaiono e ad un certo punto escono di scena senza che ciò determini una conclusione del racconto. È come se in modo implicito anche il lettore sia invitato a fare la sua comparsa, per il tempo della propria vita, nel palcoscenico del mondo. <br /></p><p></p><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img alt="Particolare del Sacrificio di Isacco (Caravaggio)" height="213" src="https://lh3.googleusercontent.com/HIFsuTeGwGCPps71uqH4Bkt0OWeSRvw-V5f0McmLS9oOKnWJZEpmr3U4vri6-DHbb1nwNjeYxnX1T5nfRE5qotmFIU2FXiAzr0cWhq5lnHT7SnaHS9QwoO5Jil7Hg77qoIZxkfZSpY3OVbjUfAyrSA=w400-h213" style="margin-left: auto; margin-right: auto; margin-top: 0px;" title="Particolare del Sacrificio di Isacco (Caravaggio)" width="400" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Particolare del Sacrificio di Isacco (Caravaggio)<br /></td></tr></tbody></table><p>Questo invito è troppo impegnativo per la maggioranza delle persone. Essere ebrei è quindi un destino per una minoranza: un’elezione o una condanna, o forse entrambe le cose.<br /><br />Così da un certo punto di vista, un po’ riduttivo, il cristianesimo può sembrare come una versione dell’ebraismo adattata ai pagani, accessibile anche ai goym, essoterica, divulgativa, più facile per tutti. La storia ha un inizio, una fine e un eroe senza macchia. <br /><br />Ma pure quell’eroe scompare, esce di scena, almeno temporaneamente, e altri diventano i protagonisti di una storia che continua nella Storia. In primo luogo perché tocca a tutti noi, anche in questo caso, fare la nostra parte, fino al Suo ritorno.<br /><br />E poi perché la Storia del mondo, quella fatta dalle nostre tante vite umane, non gira mai attorno a un solo eroe. Tutti siamo chiamati ad essere santi, almeno un poco, ma nessuno potrebbe mai esserlo in modo esclusivo. Proprio come nella Torah, dove il vero protagonista ed eroe è il volto sfuggente del totalmente Altro, che a volte si intravede appena, solo nel volto inerme del prossimo.<br /> </p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-34345035300849578112019-01-01T14:59:00.000+01:002019-01-02T15:05:55.454+01:00ClaraCi sono immagini che mi appaiono all’improvviso, poi mi perseguitano per giorni fino a che non capisco il loro messaggio. Mi è successo l’altro giorno con una scena del film “La casa degli spiriti”, mentre ero a tavola, inaspettatamente.<br />
<br />
Nel film Clara è a tavola e chiede alla cameriera di dire qualcosa a Esteban, il protagonista, suo marito. Lei ha promesso anni prima di non parlargli più. Perciò comunica con lui solo così, per interposta persona.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb8AJRrguF99dse-6AtldWR65kovETLTfP4vf4svRB90vFDei14pdQchFPGM6zA04kFIa6T8BqSj7K1tCJBTTKDEjV0qLiZ78zy4Z63ecQrCdWkY25Cc97smU3g2isCYjj7E0MXC1FCjg/s1600/Clara2.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhb8AJRrguF99dse-6AtldWR65kovETLTfP4vf4svRB90vFDei14pdQchFPGM6zA04kFIa6T8BqSj7K1tCJBTTKDEjV0qLiZ78zy4Z63ecQrCdWkY25Cc97smU3g2isCYjj7E0MXC1FCjg/s320/Clara2.png" width="320" /></a></div>
Ragionando su questa immagine mi sono ricordato che Sergio Quinzio sostiene ne “Il Silenzio di Dio” una tesi che non condivido. Lo fa con mirabile intelligenza e profondità. Ma secondo me Dio è tutt’altro che muto. All’inizio l’Altissimo parla sempre direttamente con l’Adam, l’Uomo. Poi succede qualcosa, un tradimento. Da quel momento inizia a parlare solo <a href="http://www.zerzura.it/2018/12/per-mezzo-dei-profeti.html">per mezzo dei Profeti</a>.<br />
<br />
Trovo che nessuna immagine sia tanto efficace per rappresentare il modo in cui Dio ha scelto di parlare agli uomini, quanto quella di Clara, che non smette mai di amare suo marito, nonostante la sua brutalità, ma si rifiuta ostinatamente di rivolgergli la parola.<br />
<br />
La determinazione e la grazia, la fermezza e la mitezza di quella donna, sono gli attributi più pregnanti che mi aiutano a decifrare una sorta di enigma. Mi sembra di intuire in che modo si giochi la relazione, difficile ma non impossibile, tra noi e quel totalmente Altro che siamo chiamati ad ascoltare, sebbene le sue parole non sembrino mai rivolte direttamente a noi.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhglDK-G8N2b7RQ7_qG28645mbho9QRp36vWN_LztEbzeMEeCa04J4TIui2FjWZvXdOhatoTkqxu12NeqJhqafFcD-V2myLgNWB1ab_QkycdUELzDFPB3Um6PI9e_-JdhrhWjWrzd40nk4/s1600/Clara1.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhglDK-G8N2b7RQ7_qG28645mbho9QRp36vWN_LztEbzeMEeCa04J4TIui2FjWZvXdOhatoTkqxu12NeqJhqafFcD-V2myLgNWB1ab_QkycdUELzDFPB3Um6PI9e_-JdhrhWjWrzd40nk4/s320/Clara1.png" width="320" /></a></div>
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<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-79484377378547054452018-12-08T09:37:00.000+01:002019-01-03T09:40:24.897+01:00Per mezzo dei ProfetiSpesso la fede di molti appartenenti al cattolicesimo si concentra sulla persona di Gesù, e in particolare sulla immagine del crocifisso, fin quasi a trascurare persino la sua resurrezione.<br />
<br />
Il credo è fatto di tre parti di cui solo la seconda è centrata sul Cristo. La prima ci parla del Dio di Abramo e di Mosè che è descritto nel pentateuco, la Torah.<br />
<br />
Nella terza parte il credente professa la sua fede nello Spirito Santo che dà la vita e ha parlato per mezzo dei Profeti.<br />
<br />
Chi sono i Profeti? Il primo di essi non è forse Mosè, cui secondo la tradizione dobbiamo appunto la Torah?<br />
<br />
Può dunque un cattolico permettersi di ignorare o sottovalutare il contenuto del pentateuco e di quel che nella Bibbia precede i Vangeli? Eppure per secoli abbiamo letto solo il finale del romanzo.<br />
<br />
Mi viene da domandarmi spesso anche un’altra cosa. Lo Spirito parla ancora o è diventato muto? E se parla ancora, allora, perché diciamo “ha parlato”, al passato? Che poi è un passato prossimo, non remoto. E infatti quelli che noi chiamiamo Santi, non sono forse anche loro dei Profeti?<br />
<br />
Non è forse lo Spirito che parla attraverso di loro? Non è che siamo sempre in ritardo, noi contemporanei, anche noi duri d’orecchi, a riconoscere la voce dello Spirito che ci parla per bocca di qualcuno, adesso?<br />
<br />
Ha parlato. Come si direbbe di un autobus che abbiamo appena perso: è passato. Come se non passasse ancora a momenti. Anzi: se lo ascoltassimo ci parlerebbe in ogni istante<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="white-space: pre-wrap;">, con </span><span style="font-family: "arial";"><span style="white-space: pre-wrap;">un mormorio di vento leggero (1Re 19,12)</span></span>.</span> Quanto siamo ciechi e sordi. <i>Ascolta, Israele!</i><br />
<i><br /></i>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjer6_dDBxVdrKx3hZf-QZ1KFmT-bIxqJqFEg3zuAXWVxR6mAKtXLPNpUh_GfrFWKmfgBNjoF_ce5Qm7QBWeWE6Imvq-3clqUVGmbOPs5iyLvrZSqR-DREcQxHALitufWj7p84rknwJ3RU/s1600/elijah-given-bread-by-angel.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="1200" height="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjer6_dDBxVdrKx3hZf-QZ1KFmT-bIxqJqFEg3zuAXWVxR6mAKtXLPNpUh_GfrFWKmfgBNjoF_ce5Qm7QBWeWE6Imvq-3clqUVGmbOPs5iyLvrZSqR-DREcQxHALitufWj7p84rknwJ3RU/s320/elijah-given-bread-by-angel.jpg" width="320" /></a></div>
<i><br /></i>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-75483145164182150002018-11-20T16:23:00.001+01:002018-11-20T16:23:38.819+01:00Un'idea di libertà<div>
<div style="text-align: right;">
“Le tavole erano opera di Dio e la scrittura di Dio </div>
<div style="text-align: right;">
era libertà sulle tavole.” </div>
<div style="text-align: right;">
Esodo 32:16</div>
<div style="text-align: right;">
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<div style="text-align: right;">
“È libero solo colui che si dedica allo studio dell’<i>Insegnamento</i>” </div>
<div style="text-align: right;">
Avot 6:2</div>
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Non ricordo con precisione come sia successo, né la data precisa, ma una decina di anni fa è affiorata in me la domanda seguente: “perché gli ebrei sono stati perseguitati ripetutamente, per più di tremila anni”?</div>
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Può sembrare mossa dalla curiosità, o forse da un interesse culturale, ma in ogni caso rimane un problema che ha riguardato una moltitudine di persone lungo la Storia. In effetti io stesso pur avvertendo l’urgenza di trovare una risposta, procedevo senza capire perché la stessi cercando. L’ho capito solo quando, trovata la risposta, ho scavato più a fondo in me stesso.</div>
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Ho dovuto innanzitutto iniziare a guardare la Bibbia in modo anticonvenzionale: come la più antica e duratura “istanza critica contro ogni cultura dominante”, come la definisce Silvano Fausti, nel suo libro intitolato “Per una lettura laica della Bibbia”.</div>
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Poi ho dovuto capire chi erano effettivamente quegli Ebrei che hanno dato vita al monoteismo in occidente. Qui mi è venuto in soccorso Moni Ovadia, con il suo spettacolo Kavanah, in cui declamava citando a braccio dal libro “Storia degli ebrei” di Chaim Potok: “Erano una massa terrorizzata e piagnucolosa di asiatici sbandati. Ed erano: Israeliti discendenti di Giacobbe, Accadi, Ittiti, transfughi Egizi e molti habiru, parola di derivazione accadica che indica i briganti vagabondi a vario titolo: ribelli, sovversivi, ladri, ruffiani, contrabbandieri. Ma soprattutto gli ebrei erano schiavi e stranieri, la schiuma della terra”.</div>
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Poco oltre il passo citato da Ovadia, Potok scrive anche che “il riconoscimento biblico dello schiavo come un individuo che ha dei diritti, sebbene gli manchi lo stato di uomo libero, non ha paralleli nelle leggi mesopotamiche”. Insomma avere dei diritti per il solo fatto di essere umani era un’idea sovversiva per quei tempi.</div>
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Ho passato poi un’intera estate a leggere il libro di Potok e a stupirmi di come la storia degli Ebrei sia intimamente legata alla storia dell’occidente, al punto che non conoscerla significa non capire veramente a fondo la nostra Storia.</div>
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E così mi sono soffermato a riflettere su due pilastri, profondamente innovativi per l’antichità: la libertà dall’oppressione, per tutti, e l’alfabetizzazione, funzionale a tale libertà (“scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte” Deuteronomio 6:9). E un gruppo di individui che predica libertà e alfabetizzazione per tutti è un chiaro pericolo per ogni forma di potere. Si capisce dunque la persecuzione.</div>
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È stato solo in quel momento, trovata la risposta al quesito iniziale, che ho capito anche da dove veniva la domanda. Era sgorgata inconsapevolmente dal mio amore per la libertà individuale, dal mio cuore anarchico, che fin da adolescente sempre ha diffidato di ogni forma di organizzazione che preveda una “catena di comando”. E da quel momento ho iniziato anche a scoprire moltre altre cose e “vedere” ciò che spesso è sotto gli occhi di tutti, ma che quasi nessuno vede, a causa della propaganda che la cultura dominante esercita sistematicamente.</div>
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Il linguista Joel Hoffman sostiene, nel saggio “In the Beginning: A Short History of the Hebrew Language”, che l’invenzione delle “madri di lettura” fu determinante per rendere la scrittura accessibile a tutta la popolazione, non più privilegio esclusivo dei potenti e dei funzionari. Non a caso il tetragramma è composto solo da madri di lettura. E quando Dio cambia nome ad Abramo e Sara, lo fa inserendovi una madre di lettura, come cifra di una appartenenza. Tale invenzione linguistica portò poi alla introduzione esplicita delle vocali negli alfabeti derivati dall’antico ebraico (detto anche fenicio), quali sono il greco e il latino, favorendo la diffusione della scrittura e della lettura presso tutti i popoli.</div>
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Se nel mondo occidentale di oggi i diritti umani e il divieto di uccidere e rubare sono qualcosa di scontato, lo si deve in buona parte anche a chi, 3.200 anni fa, ebbe il coraggio di difendere tali diritti e doveri. Il decalogo è stato scritto in ebraico, con i caratteri ebraici antichi (non esistevano ancora quelli aramaici). Certo, erano gli stessi caratteri usati dai vicini fenici. Ma il fatto che a scuola ci insegnino che i nostri alfabeti occidentali derivino proprio dal fenicio, una lingua di cui non ci è giunta nessuna opera letteraria degna di nota, e negando di fatto una radice ebraica delle lingue scritte, è quantomeno imbarazzante.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSJDxp01QTTx4fqoG4BHabP1MaxpDgX6iHCebsYGbER1YbhlbgBJ0w4LIIL4g7hE1876D52AN-9FYIC0wfdg1g0V9b3f9twIeOiqeah3WyWdNdcA-SYuYCePpfQDpGiH8gCA8_YTXyiDc/s1600/IMG_20170105_120129.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSJDxp01QTTx4fqoG4BHabP1MaxpDgX6iHCebsYGbER1YbhlbgBJ0w4LIIL4g7hE1876D52AN-9FYIC0wfdg1g0V9b3f9twIeOiqeah3WyWdNdcA-SYuYCePpfQDpGiH8gCA8_YTXyiDc/s400/IMG_20170105_120129.jpg" width="400" /></a></div>
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Mi è bastato leggere alcune delle ricerche di Giovanni Semeraro per scoprire in seguito come anche il significato nascosto di migliaia di vocaboli occidentali risieda nel suono originario dell’Accadico, che spesso si ritrova rispecchiato fedelmente anche nell’Ebraico.</div>
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Ma queste cose possono forse apparire persino aride se confrontate con altre affascinanti scoperte che rivelano quanto l’occidente sia influenzato dalla cultura ebraica, almeno tanto quanto quella ellenistica. </div>
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Tutti gli studenti di liceo hanno sentito parlare sui banchi di scuola del grande filosofo alessandrino Filone di Alessandria. Pochi sanno che era ebreo osservante. Né tantomeno che il fratello di Filone, Alessandro l’Alabarca, ricchissimo e potente amico di Roma, fece ricoprire con lastre d'oro ed argento massiccio nove porte del meraviglioso tempio di Gerusalemme. Il figlio di Alessandro, Tiberio Giulio Alessandro, abbandonò la religione del padre, divenne un politico e generale romano, appartenente all'ordine equestre dell'Impero. In occasione dell'assedio di Gerusalemme, ricopriva il ruolo di comandante in seconda di Tito e distrusse il tempio adorato dal padre. In due sole generazioni di una stessa famiglia possiamo vedere come la storia dell’ellenismo e dell’ebraismo siano state intrecciate quanto i fili di trama ed ordito.</div>
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Cicerone già nel 59 a.C. nell'orazione per Lucio Flacco descriveva con una certa preoccupazione la presenza di una fortissima comunità ebraica a Roma, che oggi può quindi vantare di essere certamente tra le più antiche della Storia. Non fu quindi su un terreno vergine, fatto di pagani ignari del monoteismo ebraico, che i seguaci della via di Gesù predicarono la buona novella del Messia risorto per la salvezza di tutti gli uomini, senza confini di appartenenza. I primi cristiani parlavano prima di tutto agli ebrei nelle sinagoghe e ai pagani già simpatizzanti e affascinati da un ebraismo che prometteva libertà e salvezza per tutti.</div>
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Proprio per questo la convivenza tra cristiani ed ebrei non fu semplice, ma nel tempo ha conosciuto anche momenti più felici, come è testimoniato ad esempio da un commovente sonetto di Gioacchino Belli del 9 maggio 1835 intitolato “La morte der Rabbino” che purtroppo le antologie scolastiche non si preoccupano minimamente di divulgare:</div>
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È ito in paradiso oggi er Rabbino,</div>
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che ssaría com’er Vescovo der Ghetto;</div>
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e stasera a li Scòli j’hanno detto</div>
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l’uffizzio de li morti e ’r matutino.</div>
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Era amico der Papa: anzi perzino</div>
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er giorn’istesso ch’er Papa fu eletto</div>
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pijjò la penna e jje stampò un zonetto </div>
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scritto mezzo in ebbreo mezzo in latino.</div>
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Dunque a la morte sua Nostro Siggnore</div>
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cià ppianto a ggocce, bbe’ cche ssia sovrano,</div>
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e cce s’è inteso portà vvia er core.</div>
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Si ccampava un po’ ppiú, tte lo dich’io,</div>
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o nnoi vedemio er Rabbino cristiano,</div>
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o er Papa annava a tterminà ggiudio.</div>
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L’epurazione di ogni legame con l’ebraismo è così forte nella nostra cultura, che quando faccio notare che il nome del nostro più illustre scienziato, Galileo Galilei, è massimamente ebraico, quasi sempre vedo sguardi increduli e stupefatti. Tutti siamo ammaestrati a pensare subito a Pisa, la torre da cui egli misurava la caduta dei gravi, mai alla regione che diede i natali al Nazareno: la Galilea. Non so se egli fosse di origini ebraiche, non lo si può sapere, come per molti italiani, ma è certamente un fatto assai curioso che il suo nome neppure suoni alle nostre orecchie come toponimico!</div>
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Tutti conoscono Don Lorenzo Milani, ma pochi sanno che fosse ebreo. Paolo Levrero nel 2013 ha pubblicato un saggio intitolato “L’ebreo don Milani” che getta luce nuova sull’impegno sociale dell’ex parroco di Barbiana, basata non a caso sulla pedagogia e l’alfabetizzazione. E con Milani siamo tornati al punto iniziale del discorso: la difesa della libertà e della dignità di ogni singolo individuo, inteso in senso universale, senza distinzione o appartenenza identitaria.</div>
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Ma bisogna ancora ricordare un altro pedagogo famoso: Achille Ratti, che da giovane insegnava matematica al seminario minore. Dopo aver studiato l'ebraico al corso arcivescovile, approfondì gli studi con il rabbino capo di Milano Alessandro Da Fano, diventando poi docente di ebraico in seminario nel 1907 e mantenendo l'incarico per tre anni. Come docente portava i suoi allievi nella Sinagoga di Milano, affinché familiarizzassero con l'ebraico orale.</div>
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Fu forse anche per questo che, diventato Papa con il nome di Pio XI, il 6 settembre 1938, all’indomani del primo “Provvedimento per la difesa della razza” (con il quale scolari e docenti ebrei vennero esclusi dalle scuole pubbliche e dalle università), pronunciò un discorso di denuncia verso l’antisemitismo. Discorso sconosciuto ai più, anche perché l’intervento venne pubblicato sull’Osservatore Romano in versione ridotta. Insomma venne censurato: e pensare che lui era il Papa!</div>
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Oggi sento che noi occidentali dovremmo tutti fare nostre le parole conclusive del discorso di Achille Ratti, pubblicato integralmente nel libro di Emma Fattorini "Pio XI, Hitler e Mussolini": “Abramo è definito il nostro patriarca, il nostro avo. L'antisemitismo non è compatibile con il sublime pensiero e la realtà evocata in questo testo. L'antisemitismo è un movimento odioso, con cui noi cristiani non dobbiamo avere nulla a che fare. … Attraverso Cristo e in Cristo noi siamo i discendenti spirituali di Abramo. … Non è lecito per i cristiani prendere parte all'antisemitismo. … L'antisemitismo è inammissibile. <i>Spiritualmente siamo tutti semiti.</i>”</div>
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Queste parole risuonano come un grido di lacerazione profonda del cuore. Poiché il senso dell’essere cristiano non può che essere nell’aderenza alla spiritualità ebraica di cui Rabbi Yeshua fu testimone fedele, nella tradizione di Abramo. Ma anche un Papa, in cima a una “catena di comando”, ne è vincolato tanto quanto chi si trova negli anelli più bassi. Per quanto fosse ispirato e profondamente cristiano, non poteva concedersi di essere più libero che in quel suo accorato discorso.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8A13NOeICu1Vdr5-1sbDlOojIdDyfFDKxmBZl_dPAVAM8S59Vc7kYHshEXtv_7P7vaBiFhEdqSA9927_v1YbY_52QeIRr2tXBV2oiIGth-csETEj6WsvWYLWApPkCtTsbx-ofPoT5z8A/s1600/IMG_20170105_103833.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8A13NOeICu1Vdr5-1sbDlOojIdDyfFDKxmBZl_dPAVAM8S59Vc7kYHshEXtv_7P7vaBiFhEdqSA9927_v1YbY_52QeIRr2tXBV2oiIGth-csETEj6WsvWYLWApPkCtTsbx-ofPoT5z8A/s400/IMG_20170105_103833.jpg" width="400" /></a></div>
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Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-60455678364100129482018-04-25T05:00:00.000+02:002018-04-26T12:19:32.272+02:00Entropia e significatoNon è facile dare una definizione di <a href="http://www.zerzura.it/2016/05/il-caso-non-esiste.html">casualità</a> nemmeno per i matematici. Come esempio basti considerare che anche la successione di cifre decimali di pi greco passa tutti i test che misurano la distribuzione casuale delle cifre, per cui potrebbe <a href="http://www.zerzura.it/2017/12/numeri-caso.html">apparire casuale</a>, ma non lo è poiché esiste ovviamente un algoritmo per calcolarla.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj51rPknjada83V6q9E7HopUvKKzVpxeoquTDicy8vPjIDsPnjg6ce3bDUyNRT0JrufWwkVBxiGXskFOiO1DQAbhG-Ld7yg7PcHnogfZxidPI5QugC5wq4fUAb8WWxEr7EWEbyLnxxpXJo/s1600/Andrej_Nikolajewitsch_Kolmogorov.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="333" data-original-width="230" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj51rPknjada83V6q9E7HopUvKKzVpxeoquTDicy8vPjIDsPnjg6ce3bDUyNRT0JrufWwkVBxiGXskFOiO1DQAbhG-Ld7yg7PcHnogfZxidPI5QugC5wq4fUAb8WWxEr7EWEbyLnxxpXJo/s320/Andrej_Nikolajewitsch_Kolmogorov.jpg" width="221" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Andrej_Nikolaevi%C4%8D_Kolmogorov">Andrej Nikolaevič Kolmogorov</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Secondo la teoria della complessità di Andrej Nikolaevič Kolmogorov si può sostenere che una sequenza è casuale quando non può essere “compressa”, cioè ricondotta in qualche modo a una sequenza più corta. Anche una definizione del genere presenta almeno un problema poiché la complessità di una sequenza non risulta in generale computabile (solo in alcuni casi).<br />
<br />
Questo significa in parole povere che, come non si riesce a dimostrare in modo diretto che qualcosa è impossibile, così non possiamo mai sapere con certezza se esiste un modo di “comprimere” una sequenza che riteniamo essere casuale. Nel momento in cui qualcuno scoprisse il modo di comprimerla, tale sequenza cesserebbe di esserlo.<br />
<br />
La questione ebbe origine con Claude Elwood Shannon padre della <a href="http://math.harvard.edu/~ctm/home/text/others/shannon/entropy/entropy.pdf">teoria matematica dell’informazione</a>, che pensò di misurar quest'ultima come entropia negativa, ovvero l’opposto della casualità. In breve una sequenza di segni casuale è caratterizzata da un alto livello di entropia, mentre un messaggio contenente informazione presenta un basso livello di entropia.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnQtMwhnAPY3jFp1IJrU7UbcnNT4t1KSiHvc9R9XktmdJHaQzbjLeGnVBbiOL2wV_-edrn901ZbFHhExppAg0xESEvHafDtLyCrbGiYygRONAuKmtiN5spmHLXhW6Q5HarEdwfEf7R-pk/s1600/ClaudeShannon_MFO3807.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="284" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnQtMwhnAPY3jFp1IJrU7UbcnNT4t1KSiHvc9R9XktmdJHaQzbjLeGnVBbiOL2wV_-edrn901ZbFHhExppAg0xESEvHafDtLyCrbGiYygRONAuKmtiN5spmHLXhW6Q5HarEdwfEf7R-pk/s320/ClaudeShannon_MFO3807.jpg" width="227" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Claude_Shannon">Claude Elwood Shannon</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Per mostrare concretamente questo approccio egli descrisse un semplice esperimento in cui si costruiscono delle sequenze di caratteri scelti in modo casuale dalle 26 lettere dell’alfabeto più lo spazio. le sequenze vengono costruite però con dei gradi crescenti di approssimazione alla lingua inglese.<br />
<br />
Nella prima sequenza, di grado zero, ogni carattere ha uguale probabilità. Nella seconda sequenza, di grado uno, si utilizza la frequenza con cui un carattere segue il precedente nella lingua inglese. Nella sequenza di grado tre un carattere rispetta la frequenza con cui segue i due precedenti, mentre in quella di grado quattro dei tre precedenti.<br />
<br />
Si può riprodurre l’esperimento aprendo a caso un libro (usato come campionatura casuale) e scorrendo fino a trovare la coppia o la terna dei caratteri precedenti, osservando quindi quello che li segue nel libro e aggiungendolo alla nostra sequenza.<br />
<br />
Nella sequenza di grado cinque Shannon per semplificare applica lo stesso metodo alle parole invece che ai caratteri. Il risultato è il seguente.<br />
<br />
Ordine zero di approssimazione per caratteri: XFOML RXKHRJFFJUJ ZLPWCFWKCYJ FFJEYVKCQSGHYD QPAAMKBZAACIBZLHJQD<br />
<br />
Primo ordine di approssimazione per caratteri: OCR0 HLI RGWR NMIELWIS EU LL NBNESEBYA TH EEI ALHENH’ITPA OOBTTVA NAH BRL<br />
<br />
Secondo ordine di approssimazione per caratteri: ON IE ANTSOUTINYS ARE T INCTORE ST BE S DEAMY ACHIN D ILONASIVE TUCOOWE AT TEASONARE FUSO TIZIN ANDY TOBE SEACE CTISBE<br />
<br />
Terzo ordine di approssimazione per caratteri: IN NO IST LAT WHEY CRATICT FROURE BIRS GROCID PONDENOME OF DEMONSTURES OF THE REPTAGIN IS REGOACTIONA OF CRE<br />
<br />
Primo ordine di approssimazione per parole: REPRESENTING AND SPEEDILY IS AN GOOD APT OR COME CAN DIFFERENT NATURAL HERE HE THE A IN CAME THE TO OF TO EXPERT GRAY COME TO FURNISHES THE LINE MESSAGE HAD BE THESE.<br />
<br />
Secondo ordine di approssimazione per parole: THE HEAD AND IN FRONTAL ATTACK ON AN ENGLISH WRITER THAT THE CHARACTER OF THIS POINT IS THEREFORE ANOTHER METHOD FOR THE LETTERS THAT THE TIME OF WHO EVER TOLD THE PROBLEM FOR AN UNEXPECTED<br />
<br />
Shannon fa notare come una sequenza di quattro o più parole successive estratte dall’ultimo risultato ottenuto potrebbe tranquillamente far parte di una frase senza alcuna stranezza.<br />
<blockquote class="tr_bq">
The particular sequence of ten words “attack on an English writer that the character of this” is not at all unreasonable. It appears then that a sufficiently complex stochastic process will give a satisfactory representation of a discrete source.</blockquote>
Poco dopo aggiunge:<br />
<blockquote class="tr_bq">
It would be interesting if further approximations could be constructed, but the labor involved becomes enormous at the next stage.</blockquote>
Oggi molti avranno notato che la tastiera di uno smartphone ci suggerisce le parole successive basandosi su una misura statistica di questo genere, per cui procedere a dei livelli di approssimazioni successivi sarebbe molto facile, grazie proprio ai progressi che anche queste idee di Shannon ci hanno fatto compiere in ambito tecnologico.<br />
<br />
Ho sempre avuto questo dubbio: la misura dell’entropia (del disordine) forse coglie solo l’assenza di regole fonetiche, grammaticali e sintattiche, senza sfiorare l’aspetto più sottile del senso. E ancora: la poesia generata da un algoritmo è poesia?<br />
<br />
La crittografia introduce in questo problema un ulteriore elemento di riflessione. Dato un messaggio, è possibile con un algoritmo crittografico trasformarlo in una sequenza di caratteri incomprensibile, e quindi apparentemente non distinguibile da una sequenza quasi casuale.<br />
<br />
Certo, potrà essere una distribuzione non equiprobabile dei segni, ma sarà una situazione analoga a quella degli ordini di approssimazione esemplificati precedentemente. Quindi paradossalmente data una sequenza apparentemente casuale di segni, non possiamo escludere a priori che esistano un algoritmo e una chiave di decifratura che la trasformino in un messaggio di senso compiuto.<br />
<br />
La conclusione che si può trarre è che un messaggio contenente informazione si differenzia da una sequenza casuale solo se esiste un destinatario in grado di estrarne un senso, cioè di decifrarlo. Messaggi in una lingua o codice che non conosco mi appaiono invece come rumore per mia incapacità. Questa posizione sembra oltretutto in linea con le idee di Bruno De Finetti che (diversamente da Kolmogorov) dava alla probabilità un significato soggettivo invece che oggettivo.<br />
<br />
In definitiva con l’entropia dell’informazione sembra che possiamo solo misurare la nostra incapacità di leggere un ordine nelle cose. Ma questo non ci può mai garantire che un ordine, sebbene celato ai nostri occhi, esista.<br />
<br />
Questa preziosa incertezza è ciò che rende affascinante il lavoro di interpretazione di qualunque testo: che si tratti del grande libro della natura, cui si accostò Galileo seguito da tutti gli scienziati, o della Bibbia su cui rabbini ed esegeti continuano a ragionare. Ogni interpretazione è ricerca e costruzione di un senso plausibile.<br />
<br />
Tuttavia il senso di un testo appartiene ad un altro ordine di questioni. Bisogna rifarsi all’estetica Wabi-Sabi, alla mamma di Proust che passeggiando nel giardino spezzava un rametto per introdurre delle irregolarità intenzionali che lo rendessero “più naturale”.<br />
<br />
Incalcolabile (frutto di un mio limite previsionale) o imponderabile (prodotto dalla libertà di Dio o dei viventi)?<br />
<div>
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-44473535683047477342018-03-18T23:19:00.000+01:002018-04-04T23:34:18.305+02:00La morte de n'omo“Ecché ssarrà, la morte de n’omo?”<br />
<br />
Questo detto dialettale marchigiano si può tradurre come “E che (mai) sarà (quel che è successo), (grave forse quanto) la morte di un uomo?” Veniva usato dai miei nonni, accompagnato da un tono esclamativo e canzonatorio, per sdrammatizzare qualunque situazione difficile nella vita, in cui ci si trova sbaragliati, senza saper più che pesci prendere.<br />
<br />
In fondo, a tutto c’è rimedio - recita un altro adagio famoso - fuorché alla morte. Dove è chiaramente sottinteso che si tratta della <i>nostra</i> morte, e di quella dei nostri cari, o al più dei nostri simili, non certo di quella di altri esseri viventi a noi indifferenti, o la cui morte è magari perfino necessaria per la nostra sopravvivenza, alimentando i nostri banchetti. E allora, in questa prospettiva, sottolineare che la morte è “de n’omo” può sembrare un dettaglio superfluo e impreciso.<br />
<br />
Senonché la sottolineatura ci spinge a riflettere maggiormente - come in un midrash - sul senso che le parole evocano nel nostro animo. Perché dicendo “di un uomo” già si esclude la nostra, come anche quella di una persona cara o persino di una persona illustre. E poco a poco si intravede allora come la morte di un uomo <i>qualsiasi</i> passi di fatto inosservata nello scorrere della vita ed è presto cancellata dagli anni, senza lasciare tracce di rilievo nella Storia.<br />
<br />
Per cui di cosa ti preoccupi, mio caro - dicevano con quel motto i miei nonni - se ciò che ti turba non vale nemmeno quanto la nostra vita di uomini, che a noi è tanto cara, ma che agli occhi del mondo è poco o nulla?<br />
<div>
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiQXDe0plWlbhZVIAL20DRCDrvaovT1h73LloSXjxKzXYVDl9ZWce4QBX3Tn_9fNb8Cg3QffcyNzGIn-zmEGbsq2Uov1EFoZRJ3k47n3NPxrZiah89cbFjGVKn44ChBamVswQmVvN6GLY/s1600/Clochard+morto+a+Milano+4.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="750" data-original-width="1000" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiQXDe0plWlbhZVIAL20DRCDrvaovT1h73LloSXjxKzXYVDl9ZWce4QBX3Tn_9fNb8Cg3QffcyNzGIn-zmEGbsq2Uov1EFoZRJ3k47n3NPxrZiah89cbFjGVKn44ChBamVswQmVvN6GLY/s320/Clochard+morto+a+Milano+4.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="http://www.milanotoday.it/cronaca/morto-senzatetto-funerale-.html">Senzatetto trovato morto a Milano, in via Vittor Pisani</a></td></tr>
</tbody></table>
<div>
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-31915108151740721562018-01-14T22:22:00.000+01:002018-04-10T10:56:17.056+02:00ManicomioFu nel parco di un manicomio che incontrai un giovane con il volto pallido e bello, colmo di stupore. E sedetti accanto a lui sulla panca, e dissi: “Perché sei qui?”.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8yE5a7WDHnCbNcRXytTXDP4_h9Sn1vP0o9t_xAkSpPmhyphenhyphenCw0mZA4XGWggwUrxm1slpM6GlJKDhIHI6IHkqZnzBS4Ow-cq43iYBiAdrXH6xxbA52LvQtzIxyjWeLiHy2am5sWkjW-WdCY/s1600/vagabondo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="164" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8yE5a7WDHnCbNcRXytTXDP4_h9Sn1vP0o9t_xAkSpPmhyphenhyphenCw0mZA4XGWggwUrxm1slpM6GlJKDhIHI6IHkqZnzBS4Ow-cq43iYBiAdrXH6xxbA52LvQtzIxyjWeLiHy2am5sWkjW-WdCY/s1600/vagabondo.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Edito da "<a href="https://www.facebook.com/SE-Studio-Editoriale-1417384655237953/">SE - Studio Editoriale</a>"</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: right;">
</div>
E lui mi rivolse uno sguardo attonito e disse:<br />
“È una domanda poco opportuna, comunque risponderò.<br />
Mio padre voleva fare di me una copia di se stesso, e così mio zio.<br />
Mia madre vedeva in me l’immagine del suo illustre genitore.<br />
Mia sorella mi esibiva il marito marinaio come il perfetto esempio da seguire.<br />
Mio fratello riteneva che dovessi essere identico a lui: un bravissimo atleta.<br />
Ed anche i miei insegnanti, il dottore in filosofia, e il maestro di musica, e il logico, erano ben decisi: ognuno di loro,voleva che io fossi il riflesso del loro volto in uno specchio. Per questo sono venuto qui. Trovo l’ambiente più sano.<br />
Qui almeno posso essere me stesso.”<br />
E di scatto si volse verso me e chiese: “Anche tu sei qui a causa dell’educazione e dei buoni consigli?”<br />
Ed io risposi: “No, sono qui in visita”.<br />
E lui disse: “Ah, ho capito. Vieni dal manicomio dall’altra parte del muro”.<br />
<br />
Kahlil Gibran (Il Vagabondo, p. 65)<br />
<br />
<br />
Di recente continua a tornarmi in mente questa citazione. Descrive perfettamente come mi apparve il mondo quando avevo 13 anni e mi vi affacciavo. Seppure a volte l'ho dimenticato per qualche tempo, sognando, dormendo come un sonnambulo, nella frenesia del vivere...<br />
<br />
Perché mi accade a volte anche una sorta di risveglio. Ed è proprio da sveglio, solo così, quando il mondo mi appare a quel modo, che allora so con certezza che Dio esiste, perché lo sento. E non sapendolo spiegare o descrivere, mi ritrovo incompreso, come un matto, e capisco allora Paolo quando dice che la fede è scandalo per i giudei e follia per i gentili.<br />
<br />
Quando pensiamo ai matti, e ai loro pensieri, tendiamo a infantilizzarli, per cui le idee di un disadattato ci paiono come la coperta di Linus: consolazioni. Ma la follia non è riducibile a semplice minorità, scarto inutile ai fini del sistema dominante di produzione e consumo.<br />
<br />
Jung ci ha insegnato che la follia è una breccia che si apre nel muro quando si ha il coraggio di attraversare fino in fondo la logica e lucida disperazione. E questo squarcio vale allo stesso modo per ogni autentica esperienza spirituale.<br />
<br />
Certo, tutto ciò è troppo eversivo per essere spendibile socialmente. Per questo è preferibile una immagine più innocua della spiritualità (come della psicoanalisi), quale cura, medicamento, consolazione.<br />
<br />
Allora la breccia nel muro è un guasto cui serve un rimedio, è uno strappo nel cielo di carta, è un’anomalia da riparare o compatire. Soprattutto è da tappare, prima che qualcosa o qualcuno, un Altro, irrompa nel nostro mondo e ci venga a risvegliare, a liberare, a salvare…<br />
<div>
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-79670190649573775112017-12-22T21:02:00.003+01:002017-12-22T21:13:34.941+01:00Numeri a caso<span style="font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Esiste </span><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/A_Million_Random_Digits_with_100,000_Normal_Deviates" style="text-decoration-line: none;"><span style="color: #1155cc; font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">un libro</span></a><span style="font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, di valore storico per alcuni </span><a href="https://www.schneier.com/blog/archives/2006/10/a_million_rando.html" style="text-decoration-line: none;"><span style="color: #1155cc; font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">esperti</span></a><span style="font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> di crittografia, pubblicato per la prima volta nel 1955. Oggi è reperibile una ristampa e su Amazon si trovano più di 600 </span><a href="https://www.amazon.com/product-reviews/0833030477" style="text-decoration-line: none;"><span style="color: #1155cc; font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">commenti</span></a><span style="font-family: "arial"; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> esilaranti dei lettori. </span><span style="font-family: "arial"; white-space: pre-wrap;">A sfogliarlo sembra una cosa assurda, o l'invenzione di un racconto di Borges, poiché contiene un milione di numeri casuali: 400 pagine con 50 righe e per ogni riga 50 numeri (ognuno di 5 cifre).</span><br />
<div>
<span style="font-family: "arial"; font-size: 11pt; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br class="kix-line-break" /></span>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><img height="160" src="https://lh3.googleusercontent.com/enlZZmRnp2FAl-88OdkK8zLdy10XO71CkAtRMuhv2qec5NbQZpBa8sWCuPro-KdScXQJMzKRjylXe1Bm39KuIHORgvlbcroNFfffpeuS5CEeDhxuUf9az7PhjSb7XoP2xgiW1uiL" style="border: none; margin-left: auto; margin-right: auto; transform: rotate(0rad);" width="320" /></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: <a href="https://www.wired.com/2012/08/st_randomnumbergenerators/">Wired</a></td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Per quanto possa sembrare strano, non è così facile generare in modo meccanico lunghe sequenze di numeri casuali. Per capire questo paradosso basta considerare il fatto che un computer, come quasi ogni meccanismo costruito dall’uomo, è progettato solitamente per avere un comportamento rigidamente deterministico, secondo una logica, quindi prevedibile.<br /> <br />Un algoritmo deve produrre un risultato ben preciso a partire dallo stato iniziale, quindi in un certo senso si può dire che la casualità non è computabile per definizione. La conseguenza è che i computer anche oggi generano di solito, per semplicità, sequenze di numeri solo pseudo-casuali, cioè contenenti un errore sistematico, detto bias statistico.</span><br />
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><br />Il sito dell'editore contiene una <a href="https://www.rand.org/pubs/monograph_reports/MR1418/index2.html">pagina</a> che spiega in modo abbastanza chiaro le ragioni e le difficoltà incontrate a quei tempi nella realizzazione e pubblicazione di questo libro.</span><br />
<blockquote class="tr_bq">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Production from the original machine showed statistically significant biases, and the engineers had to make several modifications and refinements of the circuits before production of apparently satisfactory numbers was achieved. The basic table of a million digits was then produced during May and June of 1947. This table was subjected to fairly exhaustive tests and it was found that it still contained small but statistically significant biases.</span></blockquote>
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Il problema è stato risolto anni dopo attingendo all'ambiente segnali e disturbi generati nel mondo fisico, usati come fonte di casualità attendibile. Esistono dei servizi gratuiti per tutta la comunità informatica, basati su questo metodo e offerti via internet. Quello di RANDOM.ORG, inizialmente realizzato presso il Trinity College di Dublino e oggi erogato da una azienda privata, impiega dei <a href="https://www.random.org/faq/#Q1.4">ricevitori radio</a> per catturare il rumore atmosferico, che viene quindi usato per generare numeri casuali: in pratica le radio sono sintonizzate sulla posizione tra le stazioni, dove comunemente sentiamo un fruscio. Un servizio analogo è quello di <a href="https://www.fourmilab.ch/hotbits/">HotBits</a> che si basa invece sul decadimento radioattivo.</span></div>
<div>
<b style="font-weight: normal;"><br /></b>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><img height="201" src="https://lh3.googleusercontent.com/kvEEpWDVd6USM7v2RYEnp5UCmTtSTEGGO13PWgivaMOeLWQMe5hP80ILefJ12aDB11k6uOiDdLc81R46xqREyyhV9izw_xc34c02m63Rq8wxjdNHJ8X01axWJ1mLTOqE5znt_NnZ" style="border: none; margin-left: auto; margin-right: auto; transform: rotate(0rad);" width="320" /></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: <a href="http://random.org/">Random.org</a></td></tr>
</tbody></table>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Il libro contiene anche delle istruzioni esposte con il tipico linguaggio formale della scienza, ma curiosamente sembrano evocare quelle di un antico incantesimo.</span></span></div>
<blockquote class="tr_bq">
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Use of the Tables<br />The lines of the digit table are numbered from 00000 to 19999. In any use of the table, one should first find a random starting position. A common procedure for doing this is to open the book to an unselected page of the digit table and blindly choose a five-digit number; this number with the first digit reduced modulo 2 determines the starting line; the two digits to the right of the initially selected five- digit number are reduced modulo 50 to determine the starting column in the starting line. To guard against the tendency of books to open repeatedly at the same page and the natural tendency of a person to choose a number toward the center of the page: every five-digit number used to determine a starting position should be marked and not used a second time for this purpose. [...]</span></blockquote>
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Di fronte a questo libro alcuni pensieri si insinuano furtivi e insidiosi nella mia mente.<br /><br />Dal giorno in cui è stato pubblicato quel libro, chi lo possiede è in grado di prevedere ogni cifra successiva a una sequenza sufficientemente lunga da esso estratta. Questo semplice fatto non rende, di per sé, le cifre di quel libro non più casuali?</span></div>
<div>
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Oppure, considerato che i numeri irrazionali sono infiniti, supponiamo che un matematico scopra l’esistenza di un numero irrazionale le cui prime 5*10^6 cifre decimali siano esattamente quelle del libro. In tal caso quei numeri potrebbero essere ancora considerati casuali?<br /><br />Supponiamo infine che un giorno un matematico dimostri essere vera la congettura seguente: data una qualsiasi sequenza di numeri ritenuta casuale, esiste almeno un numero irrazionale le cui prime cifre decimali replicano quella sequenza. Questa non sarebbe forse la dimostrazione matematica del fatto che <a href="http://www.zerzura.it/2016/05/il-caso-non-esiste.html">il caso non esiste</a>?</span><b style="font-weight: normal;"><br /></b>
<br />
<span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><br /></span>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><img height="117" src="https://lh5.googleusercontent.com/fejBmKkvDet0RcbwAdF82WEI2gDZG3Bpo426HYEP_2E1nCS_r3fGJX2ZAzmOMzttMvzXOK3pMfOVmOgaaDtQTOjNHubn2hsc21wHAAPS9PdkJ70xCUizLo1d782eEGQGx25lP_3N" style="border: none; margin-left: auto; margin-right: auto; transform: rotate(0rad);" width="400" /></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fonte: <a href="http://dilbert.com/strip/2001-10-25">Dilbert</a></td></tr>
</tbody></table>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-68762658355556682222017-11-01T09:09:00.000+01:002017-11-01T09:09:12.599+01:00Ognissanti<div xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml">
Oggi per me e pochi altri è un giorno di festa, perché ricordiamo tutti quelli che in venti secoli della nostra Storia hanno testimoniato una possibilità e una speranza.<br />
<br />
La possibilità di essere migliori, di superare il nostro egoismo e la nostra difficoltà ad amare.<br />
<br />
La speranza di salvezza, non per noi ma per tutti.<br />
<br />
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-K6OMdngd8pE/WfmAEpEAzKI/AAAAAAAAlHE/Ciy0UgUZJaQLys_vPn-O3K84mfGV-EvAgCHMYCw/s2560/%255BUNSET%255D" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img border="0" height="300" src="https://lh3.googleusercontent.com/-K6OMdngd8pE/WfmAEpEAzKI/AAAAAAAAlHE/Ciy0UgUZJaQLys_vPn-O3K84mfGV-EvAgCHMYCw/s400/%255BUNSET%255D" style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center;" width="400" /></a></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-56340147149482715352017-10-27T20:38:00.000+02:002017-10-27T21:02:05.627+02:00La Nuova Alleanza<i>Quella che segue è la trascrizione di una parte <a href="https://www.podomatic.com/podcasts/cisba/episodes/2015-12-09T07_14_35-08_00" target="_blank">[00:36:45 - 00:47:00]</a> della meditazione tenuta da Francesco Rossi de Gasperis S.J. il 1° ottobre 2012 a Milano, presso la chiesa di San Martino in Greco. L'accostamento di queste foto prese da Instagram è una mia scelta redazionale.</i><br />
<br />
[..] Una Gerusalemme dove gli Ebrei siano assenti è una stortura storica, una menzogna. I Bizantini sono arrivati e hanno fatto la Gerusalemme cristiana, va bene. I Musulmani sono arrivati e hanno fatto la Gerusalemme Musulmana. Ma non può esserci l’assenza degli Ebrei a Gerusalemme. I primi che devono esserci a Gerusalemme sono gli Ebrei. Ma questo, vedete, suppone che leggendo la Bibbia noi realizziamo che questo è un compimento della Parola di Dio, perché nella Bibbia voi ritrovate, in tutti i Profeti... trovate questa promessa: “io vi riporterò nella vostra terra, io vi andrò a riprendere dalle nazioni in mezzo a cui siete in esilio e vi riporterò nel vostro paese, Gerusalemme sarà ricostruita”.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXUtB-FKqxsXvZb7QXmK_jwy_NZJ1w9dmvJL2uJxhwYE0ZIGjZgKDQSNiqT9wjwXoYiPme82gdt9vRhbIoLuyKwywjsc9qVox0DlhTQHnCTAMeKK4B4buhjCZDZ6l6URoTE-MTv8FyXusg/s1600/10.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="718" data-original-width="1080" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXUtB-FKqxsXvZb7QXmK_jwy_NZJ1w9dmvJL2uJxhwYE0ZIGjZgKDQSNiqT9wjwXoYiPme82gdt9vRhbIoLuyKwywjsc9qVox0DlhTQHnCTAMeKK4B4buhjCZDZ6l6URoTE-MTv8FyXusg/s320/10.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/Bat2QCWl0ve/" target="_blank">brokenmemories78</a></td></tr>
</tbody></table>
Quindi vedete che la lettura della Bibbia non è soltanto un esercizio accademico e nemmeno spirituale, ma è una lettura della Storia che stiamo vivendo noi. Però... però dobbiamo intercettare nella Bibbia quello che riguarda il nostro tempo. E il nostro tempo non è più il tempo del Regno di Davide, non è più il tempo della conquista di Giosuè, non è più il tempo dei Giudici, non è più il tempo del Tempio, non c’è più il Tempio di Gerusalemme, non c’è più il Re di Israele. È il tempo dopo l’esilio, il tempo dopo l’esilio babilonese, è il tempo che nella Bibbia si chiama il tempo della Nuova Alleanza. Ebbene, questo vi dicevo vorrei che vi restasse chiaro nella mente: dovremmo capire bene che cosa vuol dire convertirci alla Nuova Alleanza, e questo lo dobbiamo capire sia Ebrei e sia Cristiani, sia Musulmani e sia Bizantini. Il tempo della Nuova Alleanza è un tempo in cui scompaiono tutte le realtà religiose per mettere in primo piano la vita degli uomini.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhc5Kkns4XTvPw_kTnVm_U1kYSwZJIYVca-B7F5FlZMLk9G7ze38p1G_vCEm0A9BlWlyuMdlksQI1oOZJxaF24AXelxjGMQ-uZ8X3uLk1PVpSg_yOjnAJkqRKGXVJU7c06UgenwPZN7u987/s1600/20.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhc5Kkns4XTvPw_kTnVm_U1kYSwZJIYVca-B7F5FlZMLk9G7ze38p1G_vCEm0A9BlWlyuMdlksQI1oOZJxaF24AXelxjGMQ-uZ8X3uLk1PVpSg_yOjnAJkqRKGXVJU7c06UgenwPZN7u987/s320/20.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/BZ7GNBEFD3g/" target="_blank">mahikerbiker</a></td></tr>
</tbody></table>
Paolo ci compendia questo tempo con quelle parole che certamente conoscete perché le leggiamo molto spesso nella liturgia: “vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. È questo il vostro culto secondo la Parola: l’offerta del corpo. La religione ormai non è più l’offrire qualche cosa, far dire messe, celebrare sacramenti, fare processioni, fare pellegrinaggi, fare feste patronali.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhequN1z5OCHHBT0vW6VBA4-Q-qe9Evof2EF0thvQGsNZcEIJG0RBt3oJWz1zuhtgjE39uUp9bemXUCJnTK-WWLfXoTwDxIIWd_vun7KbrBuoa3KH0nuBsa5F32IU1HxygJlbVYctz-8Q4/s1600/30.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="718" data-original-width="1080" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhequN1z5OCHHBT0vW6VBA4-Q-qe9Evof2EF0thvQGsNZcEIJG0RBt3oJWz1zuhtgjE39uUp9bemXUCJnTK-WWLfXoTwDxIIWd_vun7KbrBuoa3KH0nuBsa5F32IU1HxygJlbVYctz-8Q4/s320/30.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/BZnZv45FPOg/" target="_blank">urbexinprogress_italy</a></td></tr>
</tbody></table>
Questo viene dopo, la prima cosa è offrire quello che siete. Non c’è più da portare animali per i sacrifici, non c’è più da portare i frutti della terra, c’è da portare le nostre persone. Offrire il nostro corpo vuol dire offrire la nostra storia, offrire quello che siamo. Farci guidare in tutto dalla Parola: questo è il culto secondo la Parola. Non è il culto spirituale, non è una buona traduzione dire “questo è il nostro culto spirituale”, [il testo (Rm,12:1)] dice “λογικὴν λατρείαν ὑμῶν”, cioè il nostro culto logico, del Logos, della Parola.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOBVNFLbxfUdugdLqlrqNEeKGZI-8ZM21aGChXGBaYFIkYVL6Xhl5nCG-AuzemYcUP-L3Y7IC8xIiET650L6tXHmq5icpy86edv3bl0KT3h2CCJO75-HJfCJFfUt0NYtd3edJxh2QE4dss/s1600/40.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="775" data-original-width="1024" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOBVNFLbxfUdugdLqlrqNEeKGZI-8ZM21aGChXGBaYFIkYVL6Xhl5nCG-AuzemYcUP-L3Y7IC8xIiET650L6tXHmq5icpy86edv3bl0KT3h2CCJO75-HJfCJFfUt0NYtd3edJxh2QE4dss/s320/40.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/BaHCX42DoW8/" target="_blank">civil_decay</a></td></tr>
</tbody></table>
Ormai il culto a Dio si dà vivendo secondo la Parola, sempre: dalla nascita alla morte. Celebrare l’Eucarestia non vuol dire mettere insieme il pane e il vino. Celebrare l’Eucarestia non vuol dire nemmeno adorare l’ostia consacrata - vi ricordate quello che è successo in Spagna quando nell’adorazione è piovuta una tempesta terribile e tutte le oste si sono bagnate, e il giorno dopo nessuno ha potuto fare la comunione - perché già c’era, l’Eucarestia: c’era la comunione fraterna di due milioni di giovani che pregavano con il Papa. Questo è l’Eucarestia: è dare la vita gli uni per gli altri. Non si tratta di fare cose, devozioni. Si tratta di essere noi e di dire “io sono qui, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. Darci la vita gli uni degli altri, questo è l’Eucarestia.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi21tqwAJuW1OxqpWGTS08n1-RRC6xfhew2spbHJUG8-7tGxtkG8xbOOWVL4Y00KKGyspy763u595oEj8kbwPiPEUM4HUrvv8E7tPpQ6KH-xzTUo-ps-U950ROd5Fdf7sbGrRiXa-UBdkG9/s1600/50.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="718" data-original-width="1080" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi21tqwAJuW1OxqpWGTS08n1-RRC6xfhew2spbHJUG8-7tGxtkG8xbOOWVL4Y00KKGyspy763u595oEj8kbwPiPEUM4HUrvv8E7tPpQ6KH-xzTUo-ps-U950ROd5Fdf7sbGrRiXa-UBdkG9/s320/50.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/BY5FChrFm7b/" target="_blank">urbexinprogress_italy</a></td></tr>
</tbody></table>
Quindi l’offerta del corpo, che consiste nel non conformarci a questo mondo ma lasciarci trasformare, rinnovando il nostro modo di pensare per poter discernere la volontà di Dio: ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Il culto di Dio significa ricercare la volontà di Dio su di me, adesso, e dire di sì alla volontà di Dio. Questo è la Nuova Alleanza. E di questo hanno bisogno, vedete, sia gli Ebrei che sono tornati nel loro paese, sia noi che siamo qui. E vi inviterei proprio - credo che questo sia l’avvenire della Chiesa anche nell’anno della fede, l’avvenire di questo documento Dei Verbum perché diventi il motore del nostro modo di vivere - capiamo fino in fondo che cosa è la Nuova Alleanza.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgi2k7R_Ai9hiLMo2g5OTPMLcpNHG6DdfgeOQEEP1fckauSlH48sADrxvAf_i_jF4qwg-v1N7XTEcIRnqIr_LkHMwQ2yNj1ziY6Slp9ElripKeBYoTgvNkhuTbSjdRXsNslucGnIKyvkpmK/s1600/70.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="864" data-original-width="1080" height="255" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgi2k7R_Ai9hiLMo2g5OTPMLcpNHG6DdfgeOQEEP1fckauSlH48sADrxvAf_i_jF4qwg-v1N7XTEcIRnqIr_LkHMwQ2yNj1ziY6Slp9ElripKeBYoTgvNkhuTbSjdRXsNslucGnIKyvkpmK/s320/70.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/BaeTkmqAT1p/" target="_blank">jfsavaria</a></td></tr>
</tbody></table>
Liberiamoci da tutti i tentativi di ricostruire una istituzione del popolo di Dio del tipo di Davide, del tipo di Salomone, del tipo del Regno del nord e del Regno del Sud, del tipo di Giosuè. L’equivoco di Israele oggi è quello di ricostruire lo Stato basandosi sul passato, facendo quello che era prima. La storia non torna in dietro, non si può ricreare uno stato che ormai è finito. C’è della gente, ci sono i partiti diciamo più religiosi e più fanatici di Israele, che stanno pensando a ricostruire il terzo Tempio, perché il primo è stato distrutto dai Babilonesi, il secondo dai Romani e il terzo Tempio va ricostruito. Questo è un fallimento.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_TWU4xmVEOu4ncAa3obnOoVSv1MhehzWmTbC5q8eISN2CUaQlVt4KmdjizpHEaJ252X5g4jZcqvBuQKb3ut8o7D7MM_hsaN8jsJQyxH6o2vsdhMjS4Teal5YMx5TQMsOR4MevVg64zbjM/s1600/80.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1171" data-original-width="937" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_TWU4xmVEOu4ncAa3obnOoVSv1MhehzWmTbC5q8eISN2CUaQlVt4KmdjizpHEaJ252X5g4jZcqvBuQKb3ut8o7D7MM_hsaN8jsJQyxH6o2vsdhMjS4Teal5YMx5TQMsOR4MevVg64zbjM/s320/80.jpg" width="256" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;"><a href="https://www.instagram.com/p/BaoZSMcD7F7/" target="_blank">bandorebelz</a></td></tr>
</tbody></table>
Se sono finiti i primi due Templi vuol dire che bisogna andare avanti, non indietro, e che il Tempio di Dio veramente è l’esistenza dell’uomo, il corpo umano. Gesù l’ha detto, parlava del suo corpo. Questo è il Tempio. Noi siamo il Tempio di Dio. Noi siamo la Chiesa, non il Duomo di Milano, non la Basilica di San Pietro a Roma. Questo è finito, questi sono segni sorpassati. Il Tempio siamo noi esseri viventi. È inutile spendere miliardi per i nostri templi, per le nostre chiese e non cambiare noi. Dobbiamo cambiare noi il nostro cuore prima di tutto: questo è l’unico Tempio della Nuova Alleanza. E nella Nuova Alleanza, ci dice la lettera agli Ebrei, non ci sono più sacerdoti: c’è un solo Sacerdote, che è Cristo Risorto, questo è l’unico Sacerdote, nella Chiesa. Noi siamo rimasti ancora all’Antica Alleanza, siamo rimasti alla parte più antica dell’Antico Testamento. [...]Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-67890879339329012892017-06-24T08:07:00.000+02:002018-04-26T20:07:18.494+02:00Un hacker di nome Caino<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, </span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">perché lo coltivasse e lo custodisse.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Genesi 2;15</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br class="kix-line-break" /></span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore;</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br class="kix-line-break" /></span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br class="kix-line-break" /></span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il Signore gradì Abele e la sua offerta,</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br class="kix-line-break" /></span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">ma non gradì Caino e la sua offerta.</span></div>
<span id="docs-internal-guid-bd0b0e8d-d8a8-c207-e942-93749473ac62"></span><br />
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Genesi 4;2-5</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Le domande più importanti che riguardano la nostra vita faticano a trovare risposte adeguate. Succede allora di cercare lumi rivolgendosi alla scienza, che da qualche secolo sembra aver conquistato una maggiore fiducia da parte dell’uomo, soprattutto grazie ai progressi delle sue applicazioni tecnologiche, davvero meravigliose.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Ma le risposte della scienza generano sempre altre domande, perché ad ogni problema che essa risolve ne segue uno nuovo, spesso più complesso del precedente. Ciò è dovuto in parte alla natura stessa della scienza, al suo modo di procedere per ipotesi e tentativi, ma ancor di più alla sua </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">direzione</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> che ha origini assai lontane.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La scienza non è la soluzione perché la scienza è parte del problema, un problema che viene da lontano. Si tratta del modo di guardare la realtà, il modo di porsi e di affrontarla, che ha le sue radici in una mutazione antropologica antichissima, quella che ha dato origine alle prime grandi civiltà.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il principio fu l’invenzione dell’agricoltura intensiva grazie alla </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">lavorazione</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> della terra. Non si trattava più di raccogliere i frutti spontanei della natura, come avviene per la pastorizia e la caccia. Per la prima volta l’uomo iniziò a produrre cambiamenti non solo realizzando qualche utile manufatto, ma cambiando profondamente il modo di funzionare della natura di cui egli è parte, modificando massivamente l’ambiente. Fu l’inizio di una manomissione. Oggi si parlerebbe di hacking.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Perché l’hacker, nel senso originale del termine, è colui che affina la propria abilità fino a riuscire a superare delle barriere, innanzitutto per il piacere di risolvere un problema e poter dire “eureka!”, con lo spirito e l’immaginazione di un bambino che smonta un giocattolo per capire come funziona, e poi lo trasforma in qualcosa di nuovo a suo piacimento.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span id="docs-internal-guid-bd0b0e8d-d8aa-4e79-2b66-f216c4de1060"><span style="font-size: 11pt; vertical-align: baseline;">Fu un cambiamento di </span><span style="font-size: 11pt; font-style: italic; vertical-align: baseline;">direzione</span><span style="font-size: 11pt; vertical-align: baseline;"> e di prospettiva, un nuovo modo di stare al mondo. Ciò produsse la necessità del </span><span style="font-size: 11pt; font-style: italic; vertical-align: baseline;">lavoro</span><span style="font-size: 11pt; vertical-align: baseline;"> da cui scaturirono una enorme efficienza produttiva e l’accumulo di ricchezza che resero possibili l’organizzazione, la scrittura e la civiltà. I benefici ottenuti erano decisamente affascinanti.</span></span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><span style="font-size: 11pt; vertical-align: baseline;"><br /></span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; clear: left; color: black; float: left; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-weight: 400; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><img alt="workers.jpg" height="213" src="https://lh6.googleusercontent.com/y_2Cc2Q5f-8ecF_UIHiFgg05Iyf_EzjaD5XLr8FO6Jacii3UIIR-4p7qNmL1FKnmGth1dzQpjWmDwTmTKOonTKuD9UIAMj9KOtAjhPJ3RWrzNPEU1H_YLmOd3uVLXwljmYhvsIPk" style="border: none; transform: rotate(0rad);" width="320" /></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">La recente rivoluzione industriale segnò poi un’importante accelerazione grazie alla produzione di manufatti per mezzo di altri manufatti (le macchine), alimentati da fonti di energia inanimate (i combustibili fossili). Ma a ben guardare si tratta ancora di un cambiamento simile all’agricoltura, applicato non più solo alla produzione di cibo da parte delle piante, bensì alla produzione di manufatti da parte degli uomini. </span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 11pt; white-space: pre-wrap;">Il coinvolgimento delle masse, che in passato avveniva solo in modo parziale, come per la costruzione di grandi opere faraoniche, con il moderno capitalismo diventa totale e pervasivo diffondendo il reclutamento al lavoro su tutto il pianeta. Il lavoratore alienato nella fabbrica o alla scrivania sta all’artigiano e al pastore come la pianta coltivata nell’agricoltura intensiva sta alla pianta che cresce spontanea. E lo stesso vale ovviamente per gli animali cresciuti nelle moderne forme mostruose di allevamento </span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="clear: right; float: right; font-family: "arial"; font-size: 11pt; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><img alt="polli.jpg" height="184" src="https://lh3.googleusercontent.com/Ob8Aro2L_gqgH-2I-Hd5b72mtFnihBYFh4Grj_ZBfFAHEeIwMxeSO6580e0mXlrGC-73IJJgyeNevX_8yrxrEwYNVTodo-rCY7ofiIPoVsEjz82WsNASz7bKkm6-GMyts-DTBahp" style="border: none; transform: rotate(0rad);" width="320" /></span><span id="docs-internal-guid-bd0b0e8d-d8ab-3c2f-e660-ceceae92662f"></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="font-family: "arial"; font-size: 11pt; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il più recente passo in questa </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">direzione</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> è la rivoluzione digitale che stiamo vivendo oggi. Dopo gli alimenti e i manufatti, stiamo passando al controllo massivo della produzione di informazioni e sapere, con i social network, i big data e l’intelligenza artificiale. </span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Il prossimo passo forse già lo si intravede nell’ingegneria genetica e nel transumanesimo. Potremmo arrivare a manipolare la produzione dell’uomo stesso, nelle sue parti come nella sua interezza. Solo a quel punto il progetto di hacking del creato sarà completo.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Siamo come spettatori, prigionieri di un incantesimo, con occhi di fanciullo spalancati ad ammirare le meraviglie che il progresso ci propone, sempre più incalzante. Ci siamo dimenticati che quella </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">direzione</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">, presa tanti secoli prima di oggi, era solo una strada possibile, forse non l’unica. Ci siamo dimenticati che </span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: italic; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">lavorare</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> la terra non è l’unico modo possibile di coltivare e custodire il pianeta.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 11pt; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Allora voglio sognare che un giorno, se non io almeno i miei nipoti, si risveglieranno dall’incantesimo per dare un senso nuovo alla direzione intrapresa per tutti questi secoli. Anziché aspettarsi nuove risposte dalla scienza, decideranno di approfittare finalmente dei suoi magnifici risultati. Cesseranno tutti semplicemente di lavorare, così da poter finalmente iniziare, per i secoli successivi, a manomettere un po' di meno e contemplare un po' di più.</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span id="docs-internal-guid-bd0b0e8d-d8ab-6b1e-4f2d-d84ceea26fc6"></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span id="docs-internal-guid-bd0b0e8d-d8ae-43fe-c460-cdf8825fc6d1"><span style="font-family: "arial"; font-size: 11pt; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">L’umanità entrerebbe allora come in una lunga e perpetua festa di shabbat.</span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-9756268653971130362017-02-17T09:19:00.000+01:002017-02-17T09:19:57.968+01:00SognoTra una conversazione e la successiva nella coscienza di ogni persona si srotola un flusso di pensieri.<br />
<br />
Questa idea, per quanto banale, ha tuttavia una conseguenza inquietante: ogni comparsa che attraversa la mia vita è protagonista della propria e fa di me una comparsa nella sua.<br />
<br />
Sognavo di pensare queste cose e di camminare su un lungomare, una notte d’estate. E nel sogno cercavo di scriverle, ma non trovavo dove sedermi. Tutto attorno a me aveva il sapore della finzione.<br />
<br />
Svegliatomi il sogno iniziò a sbiadire, come sempre accade nei primi minuti. Ed eccomi qui a scrivere queste poche righe, nel silenzio di una notte che sta per finire, interrotto solo da qualche motore che corre lungo via Breda.<br />
<br />
Il tuo respiro profondo accanto a me, mia adorata, mi ricorda come sia dolce e rassicurante essere protagonisti in due di una stessa vita.<br />
<br />
Anche perché tutto attorno a me ha ancora il sapore della finzione.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-26951358520704751512017-01-30T10:24:00.001+01:002017-11-03T03:06:46.071+01:00Il Tetralemma e il TalmudL'articolo seguente è apparso su "Zenite Zen Notiziario" (Vol 23 n. 3-4 inverno 2016 - inverno 2017).<br />
<br />
<h2>
Il Tetralemma e il Talmud</h2>
<h4>
Leggere il Vangelo in un monastero Zen</h4>
<div style="text-align: right;">
Colui che risiede in cielo ride. </div>
<div style="text-align: right;">
(Salmi 2,3)</div>
<br />
Quando ho sentito per la prima volta parlare del Tetralemma è stato dal maestro Taiten Guareschi abate del monastero Zen Soto Fudenji. Ne sono rimasto particolarmente colpito, dato che la logica mi ha sempre affascinato, avendo coltivato da giovane una vera passione per la matematica e la filosofia.<br />
<br />
Da quel poco che ho potuto capire l’argomentazione chiamata Catuskoti in Sanscrito appartiene alla tradizione logico-epistemologica dell’India, ed è stata poi adottata dalla logica Buddhista. Molto brevemente una qualsiasi proposizione non può essere ritenuta vera, non può essere ritenuta falsa, non può essere ritenuta al contempo vera e falsa, e infine non la si può neanche ritenere al contempo né vera né falsa. In sostanza viene negata ogni possibilità di fare affermazioni certe, come anche dalle nostre parti ritenevano Gorgia, Sesto Empirico e tutti gli scettici fino a Hume e Nietzsche. Si è messi di fronte alla necessità di confrontarsi con il vuoto lasciato da questa quadruplice negazione.<br />
<br />
Il punto delicato è che una qualunque proposizione in sé non fornisce nessuna informazione circa la realtà, bensì si limita a porre una domanda implicita sulla sua veridicità o meno. Bisogna distinguere non solo tra una proposizione e il suo contrario, ma anche tra l’affermazione e negazione di quella proposizione e del suo contrario. Perché negare una proposizione non significa affermare il suo contrario. Solitamente nel linguaggio comune non vengono fatte queste distinzioni sottili tra un enunciato e la sua affermazione, e tra la sua negazione e l’affermazione del contrario. Tuttavia sono cruciali, dato che aprono la possibilità alle proposizioni contemporaneamente vere e false o né vere né false.<br />
<br />
Da notare che le quattro alternative, anche se prese nella loro forma positiva, non risultano compatibili con la logica formale (la terza e la quarta sono di per sé auto-contraddittorie). Tuttavia sembrano emergere spontaneamente all’interno delle logiche “anomorfiche”. Si tratta di nuove forme della logica proposte recentemente per spiegare alcuni paradossi in cui gli scienziati si imbattono nel tentativo di spiegare la realtà subatomica della materia (Rafael D. Sorkin, “To What Type of Logic Does the Tetralemma Belong?”, 2010). Si capisce forse meglio l’interesse di Erwin Schrödinger, uno dei padri della meccanica quantistica, per la filosofia Vedanta negli ultimi anni della sua vita, che lo portò a considerare la coscienza individuale come manifestazione di una coscienza unitaria che pervade l’universo (Erwin Schrödinger, “Che cos’è la vita?”, 1944).<br />
<br />
Questi aspetti li ho approfonditi solo recentemente, quando l’argomento del Tetralemma mi è tornato in mente imbattendomi in una storiella tipica dell’umorismo ebraico:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
"... Un giovanotto ebreo, figlio di una di quelle famiglie secolarizzate, laiche, progressiste, moderne, dopo la laurea in logica e dialettica socratica, vuole darsi un'infarinatura di cose ebraiche. Si sa... fa cosi chic!</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Si reca dunque da un grande rabbino e gli dice: "Rabbino, vorrei arrotondare la mia cultura con un po' di ebraismo. Mi darebbe qualche lezioncina?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Capisco giovanotto", risponde il rabbino, "ma tu lo hai studiato nostro Toyre? Il Bibbia nostro intendo, il Talmud?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Andiamo rabbino! Io sono laureato in Logica e Dialettica socratica! Non so se mi spiego!"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"D'accordo figliolo qvesto è un bella cosa, ma "leshon ha Kodesh" il nostro lingua santa, ebraico conosci? E aramaico?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Rabbino, lei mi sta solo facendo perdere tempo. Mi faccia un test! Mi metta alla prova per vedere se sono all'altezza! "</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Come tu lo vuoi figliolo".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Il rabbino alza di scatto due dita proprio davanti agli occhi del baldanzoso giovane e...</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Attento giovanotto! Due uomini scendono del stesso camino: uno ce l'ha il faccia sporca e l'altro ce l'ha il faccia pulita, chi si lava il faccia?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Hahaha! Ma rabbino, questa è una domanda per bambini deficienti! È evidente. Quello con la faccia sporca".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Sbagliato figliolo. Qvando qvello con il faccia sporca vede che l'altro ce l'ha il faccia pulita, pensa di avere il faccia pulita e non si lava il faccia. E qvello con il faccia pulita che vede che l'altro ce l'ha il faccia sporca, pensa che ci ha il faccia sporca e qvindi si lava il faccia".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Ah!... Certo rabbino! Come ho potuto cadere in una trappola cosi banale. La prego, mi sottoponga ad un altro test per favore, comincio a capire... Molto, molto sottile! "</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Va bene figliolo, come tu lo vuoi, non ce l'è problema! Attento "</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Di nuovo il rabbino fa scattare le due dita in alto : "Due uomini scendono del stesso camino : uno ce l'ha il faccia sporca e l'altro ce l'ha il faccia pulita, chi si lava il faccia?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Rabbino, non sono mica scemo, lo abbiamo già detto. Quello con la faccia pulita".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Sbagliato figliolo. Qvello con il faccia sporca vede che l'altro ce l'ha il faccia pulita, pensa avere il faccia pulita e non si lava. Qvello con il faccia pulita vede l'altro con il faccia sporca, pensa avere il faccia sporca e si lava il faccia . Ma... qvando qvello con il faccia sporca vede che qvello con il faccia pulita si lava il faccia, pensa di doversi anche lui lavare il faccia. Qvindi tutti e due... si lavano il faccia".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Ah! mmm... certo ...il ribaltamento dialettico ...molto arguto... Vede rabbino, sono un po' freddino... La prego, mi faccia un'altra domanda".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Come tu lo vuoi figliolo, non ce l'è problema".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Ancora una volta il rabbino alza le due dita di scatto : "Molto attento, ragazzo! Due uomini scendono del stesso camino : uno ce l'ha il faccia sporca e l'altro ce l'ha il faccia pulita, chi si lava il faccia?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Rabbino, insomma non mi esasperi! Non lo abbiamo appena detto? Sono totalmente d'accordo con lei. Tutti e due si lavano la faccia! "</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Sbagliato figliolo. Vedi, qvando qvello con il faccia sporca vede qvello con il faccia pulita, pensa avere il faccia pulita e non si lava il faccia. Cosi, qvando qvello con il faccia pulita vede che l'altro con il faccia sporca non si lava la faccia, pensa anche lui non ce l'ha nessun ragione per lavarsi il faccia. Qvindi... nessuno dei due si lava il faccia".</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Lo studente è quasi a pezzi ma per non essere umiliato dice: "Adesso ho capito, rabbino, ne sono sicuro. Riconosco di essere stato presuntuoso, ma lei non deve negarmi un'ultima domanda. La scongiuro! "</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Va bene, come tu lo vuoi figliolo, come lo vuoi. Allora vediamo..."</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Il rabbino immancabilmente fa scattare in su le due dita e...: "Molto, molto attento mio caro giovanotto! Due uomini scendono del stesso camino, uno ce l'ha il faccia sporca e l'altro ce l'ha il faccia pulita. Chi si lava il faccia?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Pietà di me, rabbino! Me l'ha appena detto e io ne convengo assolutamente, non insista! Nessuno dei due. Nessuno dei due si lava la faccia. Non è cosi?"</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
"Sbagliato figliolo. Senti figliolo, ma come lo puoi pensare che due uomini scendono del stesso camino, ce l'hanno uno la faccia sporca e l'altro la faccia pulita! L'intera qvestione è un 'idiozia! Passa il tua vita a rispondere a stupide qvestioni del tuo dialettica... e vedrai cosa capirai di ebraismo! " (Moni Ovadia, "L'ebreo che ride" , 1998, Giulio Einaudi Editore)</blockquote>
</blockquote>
Questa storia non cessa mai di farmi riflettere. Prima di tutto perché non posso non riconoscervi me stesso quando ero giovane, figlio di questa società secolarizzata, laica, progressista, moderna. E perché anche io da giovane sentivo il bisogno di trovare un maestro che mi insegnasse qualcosa di più o di diverso da quello che anche i miei migliori insegnanti nelle scuole non avevano potuto darmi.<br />
<br />
Poi perché da alcuni anni, essendo un eterno studente, mi sto dedicando alla studio della lingua ebraica, che mi consente di avvicinarmi alle radici della mia fede, alla cultura in cui è nato e ha predicato Yeshua, il rabbino che noi cristiani chiamiamo Gesù. Nutro infatti la speranza di trovare in queste radici la linfa vitale necessaria a testimoniare il Vangelo in questa epoca.<br />
<br />
Infine anche perché prima di ritrovare la fede cristiana, per molti anni sono stato agnostico, e attratto come molti dalla spiritualità orientale. Per cui leggendo questa storiella non posso fare a meno di associarla anche alle 101 storie Zen, e allo scetticismo verso le trappole della logica e del linguaggio, che fanno preferire il racconto aneddotico o midrashico, il dialogo e la parabola al linguaggio assertivo.<br />
<br />
Bene, arriviamo dunque al Vangelo: c’è un passo a tutti noto, quello del giovane ricco, nel quale si narra di un analogo tentativo di affiliazione senza molto successo. Anche qui un giovane va da un maestro, come avviene in molte storie della tradizione Zen e di quella ebraica. Proviamo allora a leggere adesso questo brano come se non l’avessimo mai letto prima, con uno sguardo nuovo e alla luce di tutti questi stimoli.<br />
<blockquote class="tr_bq">
Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: «maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre"». Ed egli rispose: «maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù». Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: «Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!» I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: «Figlioli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?» Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio». (Marco 10:17-27)</blockquote>
<i>“Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio.”</i><br />
L'aggettivo buono sembra un semplice complimento, ma è interessante il fatto che Gesù non lo accoglie benevolmente, anzi lo prende come qualcosa di non gradito. I ricchi di ogni tempo sono soliti lusingarsi reciprocamente con titoli onorifici e convenevoli (anche solo di facciata), ma qui pare proprio che la cosa a Gesù non garbi affatto. La sua risposta sembra quasi un modo piuttosto ruvido per mettere subito le cose in chiaro: "guarda che qui non sei nel tuo ambiente ovattato!". Ed è anche ciò che ho visto spesso fare dal maestro Taiten.<br />
<br />
Quindi lo mette subito alla prova, con una domanda precisa sulla Torah e i precetti, e lui risponde <i>“</i><i>maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù</i><i>”</i>. Qui Gesù capisce che il giovane sta cercando qualcosa di più, in lui trova un desiderio in eccesso, per cui <i>“guardatolo, l’amò”</i>. Questo è lo sguardo di Dio che si specchia nell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza, e perciò lo ama come un padre ama il figlio in cui riconosce e ritrova sé stesso. Ma è anche lo sguardo del maestro che si innamora dell’allievo riconoscendo in lui un desiderio sincero, un rispecchiamento della propria ricerca di verità e sapienza. Mi vengono in mente le parole della mia insegnante di filosofia che vedeva in me ciò che lei chiamava la “fame di assoluto”. E poi questo rispecchiamento tra padre e figlio, tra maestro e allievo, è simile a quello dei due uomini che scendono dal camino: ognuno necessita del volto dell’altro in cui specchiarsi per venire a capo del proprio enigma esistenziale.<br />
<br />
La scena narrata in questo passo del Vangelo è una rappresentazione tipica di quella attività che è alla base della tradizione orale. Un maestro si trova con degli allievi, si fa riferimento a un testo, in questo caso la Torah, e si fanno delle domande. Ognuno mette in gioco sé stesso nella relazione con il testo e con gli altri, sotto la guida del maestro (e Fudenji è uno dei rari luoghi in cui ciò avviene ancora, perché è guidato da un maestro). Questo per la tradizione ebraica è la Torah orale, cioè la Torah incarnata, che si fa viva nella storia di ognuno di noi, nella misura in cui cerchiamo di applicarla nella nostra vita quotidiana. E per la tradizione ebraica la Torah orale conta di più della Torah scritta! Forse anche per questo Gesù non ha lasciato nulla di scritto.<br />
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Per capire meglio che ruolo abbia un maestro nella tradizione ebraica, dato che Gesù è uno di loro è interessante fare riferimento a questo brano di Maimonide:<br />
<blockquote class="tr_bq">
[l’onore e il rispetto dovuto da un allievo] al maestro supera quello dovuto al padre. Il padre lo conduce nella vita di questo mondo, mentre il maestro, che gli insegna la saggezza, lo conduce nella vita del mondo a venire. (Maimonide, Mishneh Torah - Il libro della conoscenza/Le leggi dello studio della Torah cap. 5,1)</blockquote>
<i>“Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”</i><br />
Gesù vede che al giovane “manca” qualcosa. Ma il paradosso è che questa mancanza è mancanza di vuoto, è una doppia negazione molto Zen, è mancanza di uno svuotamento, è la kenosis cristiana. Si tratta di quel processo interiore che porta a svuotarsi del proprio egocentrismo, per diventare strumento della volontà trascendente e abbandonarvisi senza paura. A volte penso che per una donna che ha provato l’esperienza del parto questa idea ha un corrispettivo che a me non è dato di comprendere.<br />
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<i>“È più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago”</i><br />
Il cammello di cui parla Gesù potrebbe essere un errore di traduzione della parola aramaica גמלא gamal che può significare sia 'cammello' che 'corda' (da cui potrebbe venire forse anche l’antico termine marinaro “gomena”). Una grossa fune non può certo passare per la cruna di un ago se resta così come è fatta. Tuttavia sarebbe possibile disfarla, scioglierne ogni singola fibra, fino a ottenerne un filo sempre più sottile, capace infine di passare anche dalla cruna dell’ago. L’immagine diventa più comprensibile e applicabile, e rappresenta anche molto bene il processo di riduzione, lo spogliarsi di ogni bene suggerito al giovane ricco, la kenosis.<br />
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<i>“Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni.”</i><br />
Questa tristezza ci deve far pensare. Perché in questa tristezza si rispecchia anche il sentimento che pervade la nostra società opulenta, e che è particolarmente evidente quando si mettono semplicemente a confronto i nostri volti con il sorriso di chi vive ai margini nei paesi poveri del pianeta, dove la vita non è ancora stata inglobata dalla prospera tecno-finanza.<br />
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A proposito della tristezza, del sorriso e della vita del mondo a venire, Sira Fatucci scrive:<br />
<blockquote class="tr_bq">
nel Talmud e precisamente nel trattato di Taanit, (22A) è narrato che mentre Elia si trova nel mercato di Be-lefet insieme a Rabbì Berokà, quest’ultimo gli chiede (in quello che presumiamo essere un luogo assai affollato) chi delle persone che sono lì avrà parte nell’Olam Ha-bà, il mondo a venire. Dopo avere indicato una certa persona e aver discusso su di essa Elia indica solo altri due personaggi: sono due “Badhanim”, persone che vanno in giro a divertire e rasserenare chi è triste. E che intervengono quando vedono due persone in lite tra di loro: vanno lì e mettono la pace. [...] Pensiamo che il mondo sia pieno di persone tristi perché va tutto per il verso sbagliato, ma il grande insegnamento di Nachman di Brezlaw (un grande teologo e rabbino chassidico), è che va loro tutto per il verso sbagliato perché sono tristi! (Sira Fatucci su moked/מוקד il portale dell'ebraismo italiano)</blockquote>
Di fronte alla nostra debolezza e fragilità, se ci facciamo prendere dalla paura, ci aggrappiamo alle cose, alle persone e agli idoli del nostro tempo, in cerca di salvezza. Ma così facendo la nostra relazione con le cose, le persone e Dio diventa una relazione di possesso e di potere, nella quale siamo tutti contro tutti, soli e impauriti. Per questo il giovane se ne va triste: ha paura di mollare la presa.<br />
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Il giovane vorrebbe dunque “ereditare” la vita eterna. E ne parla come di una eredità, perché la logica a cui è abituato è quella del possesso. Ma cosa è la vita eterna (חיי עולם)? Qualcosa che possiamo possedere? La perpetuazione di questa vita? O la vita del mondo a venire di cui parlano Elia e gli antichi Rabbini e in cui può condurci solo un maestro?<br />
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Mentre il giovane desidera “ereditare la vita eterna”, i discepoli dal canto loro desiderano più semplicemente di “essere salvati”. Si può forse cominciare a intuire come sia difficile da perseguire o anche solo da comprendere la risposta provocatoria di Gesù, che ci invita tutti a entrare nel regno di Dio per la via maestra, quella del dono, della kenosis e dello svuotamento di sé ricercando una salvezza che sia oltre la mera esistenza prospera nel benessere. Una via che richiede il superamento dell’illusione di una coscienza individuale per entrare in comunione con la coscienza unitaria che pervade l’universo (per riprendere l’immagine a me cara di Erwin Schrödinger) e che gli ebrei indicarono con il Tetragramma ineffabile (יהוה, il nome impronunciabile dell’Altissimo). Una via che sembra quantomeno parallela a quella dello Zen.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-42272944807352936892017-01-20T14:58:00.000+01:002017-01-20T17:16:04.341+01:00Bianchi e neriUna sera d’estate del 1977 un bianco allampanato entrò in un locale ad Harlem per ascoltare musica Jazz. Andò al bancone e chiese da bere. Erano gli anni peggiori della storia di Harlem, diventato un quartiere povero e decadente, pieno di criminalità. Il barista, un nero, gli fece notare che non era prudente per un bianco stare in quel locale frequentato solo da neri. L’avventore lo guardò negli occhi e con sfrontatezza gli rispose: “Quanti neri ci sono qui, cinquanta? Beh, senti, io vivo in Nigeria da anni, in mezzo a cinque milioni di neri, come faccio ad avere paura di questi?” Il barista sorrise e gli servì il suo whiskey liscio.<br />
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Quel bianco era arrivato a Milano nel 1954, a dodici anni, con una famiglia di emigranti e le valigie di cartone. Vivendo un’adolescenza da escluso si era innamorato dei neri e della loro musica, al punto da decidere, a ventisei anni, di andare a vivere in Africa. Non era in cerca di una nuova patria, bensì semmai di un posto in cui poter essere ancor più interamente, completamente straniero.<br />
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Martedì 17 gennaio 2017, in occasione della giornata per il dialogo interreligioso ebraico cristiano, nella Sinagoga di Milano ho ascoltato Rav Arbib dire quanto segue:<br />
<blockquote class="tr_bq">
La parola shalòm in ebraico deriva dalla radice shalèm che vuol dire integro, completo. Si può pensare che integro significhi “Io sono completo e integro e gli altri devono adattarsi a me”. È l’idea che è alla base di ogni fondamentalismo. Ma shalèm può voler dire anche l’esatto contrario. Può significare che si aspira a un’integrità avendo la coscienza di non essere integri, di non esser completi.</blockquote>
Come faceva quel bianco a stare in mezzo ai neri senza avere paura? L’ho sempre saputo, perché l’ho appreso osservandolo, ma senza mai saperlo spiegare agli altri. Dopo quaranta anni credo di aver trovato le parole per dirlo, proprio in questa aspirazione a una integrità. Senza di essa non si desidera incontrare chi è diverso, al contrario si tende a frequentare solo chi ci somiglia, si vive in un ghetto.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxUClQDXTmfgEzkXOudHV8cpDdSmSS5GA80TsiSwsm1TKM_0ra8wuO5n3UJnFqeM7_l6b5-T4V740zUMaqNXZ9ZTj3MWHBMs4ZTcKNTvXHefhr2Lk7yccy32Ow9GTQDhgJNLNGxPuh2FQ/s1600/FB_IMG_1448215819455+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxUClQDXTmfgEzkXOudHV8cpDdSmSS5GA80TsiSwsm1TKM_0ra8wuO5n3UJnFqeM7_l6b5-T4V740zUMaqNXZ9ZTj3MWHBMs4ZTcKNTvXHefhr2Lk7yccy32Ow9GTQDhgJNLNGxPuh2FQ/s200/FB_IMG_1448215819455+%25281%2529.jpg" width="200" /></a>Ma paradossalmente la coscienza di non essere integri, a differenza dell’illusione di esserlo, non comporta maggior fragilità. Al contrario, senza di essa non ci si può sentire abbastanza forti della propria identità, al punto da reggere il confronto. Abbastanza da superare la naturale ostilità degli altri, se necessario anche con sfrontatezza.<br />
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<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6089213384319453526.post-8972602397769548332016-11-15T15:24:00.000+01:002016-12-19T08:54:34.408+01:00Superumani<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 14.666666666666666px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">Non vorrei una vita diversa, </span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 14.666666666666666px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">perché quella che ho </span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt; text-align: right;">
<span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 14.666666666666666px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">è davvero una figata.</span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 14.666666666666666px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br class="kix-line-break" /></span><span style="background-color: transparent; color: black; font-family: "arial"; font-size: 14.666666666666666px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; text-decoration: none; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;">-- Bebe Vio</span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<span style="font-family: "arial";"><span style="font-size: 14.6667px; white-space: pre-wrap;">“We're The Supethumans è il titolo del trailer pubblicato da Channel 4 per promuovere le Paraolimpiadi di Rio del 2016.</span></span><br />
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.6667px; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/IocLkk3aYlk/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/IocLkk3aYlk?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<span style="font-family: "arial"; font-size: 14.6667px; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><br /></span>
I protagonisti del filmato sono persone con disabilità che hanno sviluppato uno straordinario talento, artistico o sportivo. Ma l'efficacia del trailer è data da un messaggio implicito: la disabilità, riscattata grazie allo sviluppo di competenze e abilità straordinarie, è presentata come successo iperbolico, come emblema di una cultura del superamento del limite. Ho la tentazione di chiamare questa cultura del superamento “la religione del mio tempo”.<br />
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Sebbene essa non affermi di essere una religione, non è prudente crederle. Le sue miracolose promesse sono stranamente simili a quelle in voga nel mediterraneo già duemila anni fa. Sfamare gli affamati, guarire gli ammalati, sconfiggere il dolore, finanche la morte.<br />
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://youtu.be/IocLkk3aYlk" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;" target="_blank"><img alt="https://youtu.be/IocLkk3aYlk" border="0" height="155" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTMo_s6-OVdhglZyWml05eucvek99CbAAQKlPxcILw3a_wUtUvt1-iOK4A-3KaHCaIWGdREyJe61OqbRKHHxYVmbeCkCI6HkdZqmT13A3AN_OG1npWm1hyDF_AJ18GjPd5hSo9H8jNxjs/s400/superhumans.png" width="400" /></a></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="font-family: "arial";"><span style="font-size: 14.6667px; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span>
<span style="font-family: "arial";"><span style="font-size: 14.6667px; white-space: pre-wrap;">La differenza è il modo in cui il suo verbo prende forma, per farsi visibile: ingranaggi e circuiti, molecole e onde che pervadono la nostra vita, fino a impiantarsi come protesi nei nostri corpi. I suoi libri contengono formule, matematiche ma non meno magiche, che ne regolano i prodigi. L’intelligenza artificiale è annunciata come la tanto attesa incarnazione del logos, il suo farsi “figlio dell’uomo” per redimerlo, per renderlo finalmente libero da ogni bisogno, finalmente superumano, indistruttibile e tecnicamente perfetto, cioè a sua immagine e somiglianza.</span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="font-family: "arial";"><span style="font-size: 14.6667px; white-space: pre-wrap;"><br /></span></span></div>
<div dir="ltr" style="line-height: 1.38; margin-bottom: 0pt; margin-top: 0pt;">
<span style="font-family: "arial";"><span style="font-size: 14.6667px; white-space: pre-wrap;">Anche stavolta non ci è dato sapere se le promesse siano sogni dai quali tutti si svegliano prima dell’ultimo respiro. Certo è che i superumani, se osservati da vicino, si scoprono persone molto umane, la cui volontà di vivere con pienezza è solamente mossa da uno spirito più forte del comune, antico e profondo, che viene da lontano, come quello del piccolo Davide che impugna la fionda. Uno spirito che non ripone speranza nei dispositivi come idoli moderni, ma semplicemente li usa come giocattoli, per affermare la propria sovrabbondante, ancorché ferita, umanità.</span></span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0