martedì 11 novembre 2014

I volti del Signore

In ebraico "volto" si dice con il termine פָּנִים [pa-nìm] che è plurale e non ha la forma singolare. פָּנִים significa anche facciata (di una casa) o superficie (di un lago). Il nucleo semantico potrebbe essere reso con l'espressione "ciò che è davanti".

Il fatto che sia plurale suona come una stranezza a un madrelingua italiano (e forse anche a qualunque altro europeo) dato che tutti i termini con cui siamo soliti esprimere questo nucleo semantico hanno anche il singolare.

Per i termini facciata e superficie, il plurale e il singolare si usano con lo stesso significato. Per il termine volto invece la situazione è un po’ differente. Siamo soliti pensare al volto di un individuo come a qualcosa di unico, tanto che apponiamo la foto tessera sui documenti come mezzo di riconoscimento univoco dell'identità.

In un certo senso il termine volto incarna la nostra fiducia (o ingenuità) nel fatto che l'unità di fondo dell'essere possa apparire tale anche in superficie. Per contro il termine ebraico פָּנִים ci ricorda come l'unità sia da cercare attraverso le sfaccettature e interpretazioni del molteplice.

Il plurale "volti" in italiano si usa raramente in riferimento a uno stesso soggetto, in modo figurativo o al più diacronico. Un'espressione come "i molti volti del signor x" fa pensare subito a un mascheramento prima che a un album fotografico.
Anche il termine persona ha perso per noi il significato latino di maschera, così come l'idea di verità non è più legata al disvelamento come era nel termine greco αλήθεια [aletèia].

Quando pensiamo al volto del Signore può essere utile tenere presente il termine ebraico e la sua pluralità. Potremmo arrivare a costruircene una idea più sorprendente. Come deve aver fatto Barbara Hall quando ha realizzato la serie televisiva Joan of Arcadia.