Ne approfitto per precisare che non è mia ambizione dare una traduzione con un qualche valore filologico o esegetico (non ne ho competenza). La mia è una lettura spirituale e soggettiva, che si accosta alle tante possibili, più o meno appropriate, con la sola pretesa di condividere la passione per il testo biblico.
Riporto qui una riflessione ulteriore su cui stavo ragionando nelle scorse settimane, proseguendo sulla scia di quella curiosità iniziale a proposito dello shemà. Forse con essa posso descrivere meglio le suggestioni da cui sono stato sedotto.
Ho trovato infatti nel testo "501 Hebrew verbs" di Shmuel Bolozky, i seguenti quattro verbi derivanti dalla radice ש.מ.ע
- לשמוע (lishmoa) = hear, listen, consent, understand
- להישמע (leishama) = be heard, be listened to, obey
- להשתמע (leishtamea) = be heard, be understood, be interpreted
- להשמיע (leashmia) = make heard (by playing sound), play (music, song), sound, voice, proclaim, summon
Mi sembra di poter dire che la radice contenga (almeno) questi valori semantici:
- ascoltare o sentire
- obbedire, fare attenzione a (osservare)
- comprendere o interpretare
- far sentire, suonare (interpretare)
Tutti questi valori semantici possono trovare una sorprendente risonanza nell'immagine (abbastanza biblica) di un cuore che prima sente o ascolta, poi obbedisce mettendo in pratica la Parola, di conseguenza arriva a comprenderla (un ascoltare o sentire più profondamente) e quindi solo alla fine di questo percorso spirituale può veramente interpretarla, che vuol dire farsi attore, interprete di una partitura, strumento, per annunciarla, farla risuonare e sentire agli altri.
Questo è anche un caso esemplare di ciò che mi affascina irresistibilmente della lingua ebraica: la sua profonda ricchezza e densità semantica.